Per le italiane è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e di avere sempre meno la puzza sotto il naso: l’Europa League non è la Champions, siamo tutti d’accordo, ma è arrivato il momento che la prendano sul serio. Tre anni fa il Portogallo portò tre squadre in semifinale di Europa League, iniziando, così, la sua scalata nel ranking Uefa. Ora tocca a noi. Juventus, Fiorentina, Lazio e ovviamente Napoli hanno valori tecnici e prestigio. Insomma, schieriamo al via un poker di potenziali vincitrici. La finale si gioca a Torino, allo Juventus Stadium ed è già una bella notizia perché mai nessuna squadra della serie A ha mai vinto l’Europa League. In questi sedicesimi l’Italia schiera 4 squadre, come l’Ucraina. La Spagna ne ha tre (Valencia, Sivigliae Betis), la Premier due, come Olanda, Portogallo, Russia e Repubblica Ceca. Germania e Francia una. Rappresentate 19 federazioni, un record. Avversari abbordabili, per tutti: l’Esbjerg, che ospiterà la Fiorentina, è penultima nel campionato danese. Il Trabzonspor, atteso dalla Juventus, è settimo in Turchia e la Lazio, infine, affronterà una capolista, il Ludogorets di Razgrad ma del campionato bulgaro. Antonio Conte, il tecnico della Juventus, spiega: «Noi favoriti in Europa League? Ringrazio per la stima. Ma tra chi è favorito e la vittoria finale c’è una strada molto lunga. Ci vorrà una grande Juve per arrivare fino in fondo. Giocare in Europa è prestigioso, ma dispendioso. Portare a casa l’Europa League al secondo anno di partecipazione in Europa sarebbe qualcosa di straordinario». A parola non la snobba neppure Vincenzo Montella: «Vogliamo fare più strada possibile, l’Esbjerg non è avversario semplice. Magari stasera ci sarà spazio anche per il ritorno di Mario Gomez anche se non ha ancora i novanta minuti nelle gambe. Noi vogliamo la qualificazione». Edy Reja prova a mettersi alle spalle la delusione del ko di Catania. «Vogliamo onorare l’Europa League nel migliore dei modi. Userò forze fresche, Biava e Dias non saranno disponibili. L’obiettivo di partenza è quello di non subire gol in casa e di segnarne due, speriamo di raggiungerlo». L’ultima italiana ad andare lontano è stata la Fiorentina di Prandelli, semifinalista nel 2008. Ora Juve e Fiorentina, passassero il turno, si sfiderebbero negli ottavi in un derby made in Italy. Remake di una finale di Coppa Uefa. Quando era Coppa Uefa, d’altronde, era una coppa con il marchio italiano: l’Italia ha il record di vittorie (11) e di finaliste (17), l’allenatore (Trapattoni) e le squadre (Juve e Inter, col Liverpool) che l’hanno conquistata più volte: 3. Fra il 1989 e il 1999, l’Italia l’ha vinta per 8 volte su 11. Storia di trionfi, ma anche di grandi imprese sfiorate: come il Torino nel 1992 e l’icona di Mondonico che alza la sedia al cielo di Amsterdam, il Cagliari nel ’94 (in semifinale eliminato dall’Inter); il Bologna che partì dall’Intertoto e si arrese in semifinale al Marsiglia nel ’99. Senza dimenticare quella vinta dal Napoli di Maradona e Careca nel 1989. Perché? Chiaro. I soldi. In questa edizione il montepremi è raddoppiato, con un contributo di solidarietà dalla Champions ma è sempre «poca roba»: in tutto 208,75 milioni, distribuiti in proporzione fra risultati (125,25) e market pool (83). Ci sono 200mila euro per giocare i sedicesimi, 350mila per gli ottavi, 450mila per i quarti, un milione per la semifinale, 2,5 milioni alla finalistae e 5 alla squadra campione. Briciole rispetto alla Champions che da qui in poi distribuisce 3,5 milioni negli ottavi, 3,9 per i quarti, 4,9 in semifinale, 6,5 milioni alla finalista e 10,5 ai campioni. Soldi diversi ma stessi punti della Champions per il ranking Uefa, dove gli altri hanno fatto le formichine invogliati dalla circostanza che i punteggi assegnati sono praticamente gli stessi. Così trascurando, ci siamo lasciati superare dalla Spagna, dall’Inghilterra e infine dalla Germania, il sorpasso più doloroso visto che ci ha tolto un posto Champions.
Fonte: Il Mattino
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