Pronti, via: nuovo giro, nuova corsa; e in questa ripartenza veloce, c’è il futuro che attende. Palla a centro: e a pedalare dovrà pensare Edu Vargas, il «turboman» inserito e l’autostima ch’è schizzata prepotentemente verso l’alto, in quella dimensione «cavaniana» concessa da una tripletta da favola, in quella felicità ritrovata che induce a crederci, a insistere, a riprovarci ancora. Si gioca e sarà vietato vietarsi di sognare ancora, sarà inevitabile andare a sfidare i pregiudizi scatenati da un semestre in bianco: si ricomincia da tre e stavolta sarà più facile, o perlomeno più leggero, tentare di riconquistare se stesso.
MAI «PENTITI» – S’inizia dalla fine di «quel» Napoli-Aik, dall’euforia collettiva d’un San Paolo trascinato con uno, due, tre scatti folgoranti e una edizione riveduta e (assai) corretta di Edu Vargas, il testimonial d’una fede che Aurelio De Laurentiis ribadisce a caldo, sulla scia d’uno show che oscura la diffidenza popolare e risistema i conti (pure economici) d’un affare rivalutato d’incanto: « Noi non ci siamo mai pentiti dei soldi spesi. Sapevamo che Edu aveva bisogno di tempo e conoscevamo anche il suo valore: queste tre reti serviranno per aiutarlo ad esplodere ». Napoli-Aik, venti settembre, un soffio che ancora s’avverte nell’aria, un alito di freschezza che rimuove le nubi accavallatesi intorno a un ventiduenne ritrovatosi in un mondo così distante da smarrirsi. Succede tutto in quella notte, l’effetto magico che ribalta il passato, una miscela magica che scatena l’esplosione dei sensi d’un bomber da dodici milioni di euro: Vargas è uno e trino e in quella maliziosa serata attraversata con fierezza, destri secchi che muoiono in angolini lontani e sperduti in cui è nascosta la bile del «suo» 2012, c’è pure nascosta la rivincita personale per essere riuscito ad emergere dal tunnel.
RIEMERSIONE – La vita è un attimo, talvolta fuggente, è l’esistenza «partenopea», quel corso d’ambientamento necessario a chiunque e indispensabile per un ventitreenne, pare aver spazzato in un istante il pallone d’argento – alle spalle di Neymar, davanti a Ganso – del Sud America e la vittoria in Copa Sudamericana, il Clausura vinto con la «U» del Cile e la ressa per strapparlo all’Inter e al Chelsea, all’Arsenal e allo Zenit. Napoli è un’oasi felice, completamente immersa in Hamsik, Lavezzi e Cavani, con Pandev (addirittura) alternativo: ma il football non fa sconti e in quella penombra scavata dai centoncinquatuno minuti effettivi giocati (figli di appena dieci presenze) sfilano via i dubbi.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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