La storia dello striscione rubato nel 1992 a quelli del Foggia e il gemellaggio con una squadra del sud rotto venti anni fa c’entrano fino a un certo punto. Qui in ballo ci sono altri interessi, come sempre avviene quando ad agire sono gruppi organizzati. Qui, in questa storia di auto a fuoco in un tranquillo sabato vomerese, c’entrano due cose: soldi e potere sugli spalti del San Paolo, e non solo; soldi e potere anche quando si va in trasferta e si attraversa mezza Europa mascherati da tifosi. Eccolo lo scenario investigativo che raccoglie i cocci di quanto avvenuto sabato in via Caldieri, al Vomero, quando una ventina di hooligan hanno assaltato un bus dei tifosi del Foggia, venuti al Collana per assistere al match della squadra pugliese contro il Campania. Un raid organizzato, ragionano a bocce ferme gli inquirenti, che attendono le analisi tecniche dei filmati scaricati da internet, un’azione progettata a tavolino.
Mai fino ad ora il tifo violento aveva avuto una possibilità tanto ghiotta: agire indisturbati contro supporters avversari in giro in città e per giunta senza scorta.
C’è un retroscena: pochi giorni fa, l’assalto è stato pianificato a tavolino. L’ordine era chiaro: agire subito dopo l’uscita dalla tangenziale del bus proveniente da Foggia. Era stato predisposto un sistema di vedette, magari su veloci scooter, poi il raid è scattato nel posto in cui il mezzo ha rallentato la corsa, non lontano dalla rotonda di via Caldieri. Perché colpire i supporters pugliesi? Perchè c’è un odio montato negli anni, a partire dal furto di uno striscione dallo stadio del Foggia, da parte dei tifosi napoletani, ma il quadro è più complesso. I venti teppisti sapevano che sabato a Napoli avrebbero avuto mano libera. Le forze dell’ordine erano concentrate sul San Paolo, sull’arrivo dei pochi tifosi rossoneri per il match contro gli azzurri, sulla necessità di cinturare i varchi e impedire colpi di mano tra due tifoserie storicamente rivali. È la storia della coperta corta, che dà carta bianca per l’assalto vomerese. Ma perché arrivare a tanto? Perché agire su versante così angolare? E, soprattutto: chi c’è dietro una simile iniziativa? Qui, il caso di via Caldieri si inserisce nello stesso fascicolo aperto dopo i raid consumati lo scorso 21 settembre, quando ad avere la peggio furono alcuni tifosi dell’Aik Solna, colpiti mentre erano seduti in una pizzeria a godersi scampoli di movida napoletana. Violenza gratuita, consumata lontana dagli spalti, la regìa sembra essere la stessa. Si ragiona sui grandi numeri mossi dal fenomeno Napoli negli ultimi anni: la gestione dei biglietti per le trasferte di Europa League – un modo per spostarsi in Europa sotto lo schermo della passione per il Napoli -, la rappresentanza sugli spalti del San Paolo, ma anche la possibilità di consumare un potere estorsivo nei confronti del club partenopeo.
Una storia che si ripete, che ora attende gli esiti delle indagini condotte dalla Digos del primo dirigente Filippo Bonfiglio, da questa mattina al lavoro sulle testimonianze raccolte al Vomero, ma anche sui video acquisiti. Ci sono immagini tratte dal web, alcune sequenze registrate con i cellulari da passanti e spettatori del raid di via Caldieri, sentenze e informative di pg che parlano di regìa unica per strappare la leadership del tifo violento e degli affari che ne derivano.
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