Per la rubrica “La Telefonata” approdiamo nell’ufficio stampa della Società Sportiva Calcio Napoli, intervistando in esclusiva uno dei lavoratori oscuri di questa società che ha conquistato la qualificazione in Champions League, Massimo Sparnelli.
Per chi è tifoso napoletano e per chi non lo è, per chi ama e chi non ama il giornalismo, interessante è conoscere il palmarés della squadra che rappresenta la nostra città e la carriera di chi la segue da vicino. Di questo e altro abbiamo discusso con Massimo Sparnelli, che dopo essersi raccontato ci ha spiegato cosa significa essere addetto stampa della SSC Napoli.
Eccolo ai nostri microfoni:
Come ha avuto inizio la sua carriera? Come è riuscito ad entrare nell’organigramma del Napoli?
“Ho esordito con radio Ombra Sound per poi passare a collaborazioni con mensili sportivi e culturali come “Il Brigante”,”Albatros” e “Album”. Ho fatto parte della redazione del quotidiano “Tempo Napoli” e anche di quella del settimanale meridionale “il Sud”. Ho partecipato a numerose trasmissioni a Canale 21 e Tele A e ho curato l’ufficio stampa sia dello scrittore Marcello D’Orta autore di “Io speriamo che me la cavo”, sia del Parco Letterario Elsa Morante. Ed è proprio grazie al mio curriculum, rappresentativo di esperienze multiple e variegate, che sono riuscito ad entrare nello staff della SSC Napoli”.
Lei ha avuto l’opportunità di lavorare per radio, tv e carta stampata. Secondo lei tra questi qual è il mezzo che entra più facilmente in contatto col pubblico? Qual è il più diretto?
“Credo che attualmente il più diretto sia internet soprattutto se ad avvicinarsi a questo tipo di informazione sono le nuove generazioni, anche se in linea di massima il mezzo più diffuso e più facilmente consultabile è la televisione da cui si possono attingere informazioni in maniera abbastanza passiva”.
Ho saputo che è andato in Sud Africa a seguire i mondiali di calcio 2010. Mi parli di questa sua esperienza.
“Per me oltre ad essere stato un viaggio di lavoro fantastico è stato un viaggio turistico, avventuroso, alla scoperta delle diverse culture e delle mille contraddizioni che avvolgono l’Africa, ricca e povera allo stesso tempo. Visitare Johannesburg, Città del Capo, essere ospite in case di rivoluzionari che si sono battuti al fianco di Mandela… tutte esperienze uniche, meravigliose, che tutti dovrebbero provare”.
Lei ha avuto l’opportunità di poter osservare come viene giocato e vissuto il calcio in altri paesi. In cosa differenziano questi dall’Italia?
“A mancare in Italia sono innanzitutto strutture adeguate, ecco perché non siamo più stati in grado dal 1990 di riorganizzare un mondiale di calcio. Altra differenza è quella riguardante gli arbitraggi: nel resto d’Europa, infatti, le partite non sono interrotte continuamente, sia perché c’è, in certi casi, più fair play tra i giocatori, sia perché gli arbitri sono meno meticolosi. I mondiali del 2022 si svolgeranno in Qatar, emirato Arabo, e non so perché, ma credo che il calcio del futuro si svolgerà proprio in quei paesi”.
Credo che ora sia di dovere una domanda: cosa pensa del Napoli e del suo operato?
“Mi dispiace deludere le aspettative ma non posso dire molto. Credo solo che il Napoli abbia fatto un grande campionato e che sia andato al di là di ogni tipo di aspettativa. E’ una grande squadra, orgoglio del Sud anche perché è l’unica meridionale ad aver ottenuto più titoli a livello nazionale ed internazionale: 2 scudetti, 3 Coppe Italia, una Coppa UEFA ed una Supercoppa Italiana”.
Per concludere: ha ancora qualche traguardo professionale da voler raggiungere?
“Sono soddisfatto di ciò che sono riuscito ad ottenere, non rimpiango nulla, rifarei tutto così come è andata. Ho lavorato molto, ma il gioco è valso la candela. Ora gestisco la tribuna stampa dello stadio San Paolo, credo che non avrei potuto sperare di meglio. Poi, chi lo sa…..”
Intervista a cura di Alessia Fraiese
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