Il calcio giovanile è una realtà molto seguita dal nostro portale, oggi però abbiamo voluto porre il focus della rubrica “La Telefonata”, però, sul lavoro della “monelleria”, cioè il vivaio della Carpisa Napoli Yamamay, compagine di calcio femminile di Serie A2 che Iamnaples.it segue costantemente. Per farlo abbiamo scelto le autorevoli idee del tecnico della Primavera, Antonello Riccio:
Quando ha iniziato la carriera di allenatore?
“Ho iniziato nel 2005, allenando gli Esordienti della Pro Calcio Napoli di Remo Luzi, dopo aver naturalmente superato il corso per giovani allenatori indetto dalla F.I.G.C.. Secondo me in ogni calciatore alberga uno spirito da allenatore, la difficoltà nel gestire un gruppo di più persone, fa sì però che non tutti arrivino ad intraprendere questa scelta. Ho iniziato a giocare nella Puteolana in Eccellenza, poi sono stato andato via prima che arrivasse Eziolino Capuano. Il mio ruolo era inizialmente quello di difensore, poi sono passato a centrocampo nel ruolo di incontrista”.
Quando non veste i panni dell’allenatore della Primavera, chi è Alessandro Riccio?
“Premetto che il lavoro di tecnico della squadra Primavera mi occupa molto tempo perché anche quando non sono al campo, il mio pensiero è rivolto costantemente al mio gruppo di ragazze: preparo schemi, tabelle di alimentazione e pesistica e programmi di allenamento. Nel mio tempo libero svolgo le attività di un normale ragazzo, frequentando amici e praticando attività sportiva”.
Dal punto di vista tattico c’è un tecnico a cui fa riferimento?
“Sono stato sempre uno zemaniano convinto, seguo molto le squadre del boemo e sono affascinato dalla compagine del Pescara. Sposo il pensiero di chi afferma che la migliore difesa è l’attacco. Non mi rivedo nell’immagine mediatica che oggi ha assunto la mia figura professionale, da questo punto di vista mi ritengo dunque personaggio fuori dagli schemi. Preferisco il lavoro sul terreno di gioco alle dichiarazioni ad effetto. Senza l’impegno massimale, non si possono raggiungere i risultati: sia con la prima squadra che con i gruppi del settore giovanile”.
Quale differenza ha notato in uno spogliatoio composto da sole donne?
“Allenare gli uomini è molto più semplice, in quanto hanno sin da ragazzini il calcio nel sangue. Le donne sono invece avvicinate a questo sport da familiari o amici, condizionate per lo più dall’ambiente circostante: per loro resta soltanto un gioco, puro divertimento, non essendoci ancora grandi prospettive di guadagno. Le ragazze sono poi più volubili dei coetanei dell’altro sesso e non riescono a tenere fuori dal campo ogni tipo di problematica morale. La società mi ha oltretutto messo a disposizione la fisioterapista Katia Giuliani, divenuta una sorta di mio vice quando non posso materialmente accedere allo spogliatoio”.
Trova maggiore difficoltà nel far rispettare i suoi dettami tattici alle ragazze?
“Posso dire con certezza che le donne apprendono più facilmente le indicazioni tattiche rispetto agli uomini, in quanto schematiche e razionali per natura. Ovviamente arrivate ad una certa età non possono garantire la stessa esplosività muscolare dei loro colleghi”
Da dove nasce l’idea di nominare il vostro settore giovanile “Monelleria”?
“Tutto è partito dalla scelta di De Laurentiis di appellare con il nome di “Scugnizzeria” il movimento giovanile azzurro. Naturalmente abbiamo fatto un parallelo tra la figura dello ‘scugnizzo’ e quella della ‘monella’ partenopea, ritenendo che tale scelta potesse accrescere ancora di più il senso di appetenza delle ragazze ai nostri colori”.
Quali sono gli obiettivi del Napoli Carpisa Yamamay Primavera?
“La società non richiede di raggiungere particolari traguardi di classifica, ma di far crescere l’intero movimento del settore giovanile femminile: dai Pulcini alla Primavera. Quest’ultima tappa deve diventare un ricco serbatoio che possa alimentare dal punto di vista tecnico la prima squadra, sempre pronta poi a fissare determinati obiettivi. Non siamo alla ricerca di bagliori momentanei ma di una crescita costante e continua, che possa stabilire ad alti livelli la società. Certo, i risultati positivi non fanno mai male, anzi sono da sostegno al nostro lavoro quotidiano. Con il mister della prima squadra Marino c’è una sinergia completa, molte mie calciatrici sono in pianta stabile nel suo gruppo ed hanno da tempo esordito nelle competizioni ufficiali, non avvertendo in maniera traumatica il salto agonistico e mentale oltre che tecnico”.
Nell’ultimo anno è cresciuto il numero di partecipanti al vostro movimento? Crede che l’eventuale promozione della Napoli Carpisa Yamamay in serie A1 possa fare da traino ad ulteriori iscrizioni?
” Quest’anno abbiamo avuto un boom d’iscrizioni, ciò aiutato dagli ottimi risultati conseguiti nell’ultimo periodo dalla S.S.C. Napoli di De Laurentiis. Pian piano si sta sfatando anche il luogo comune che vede la donna lontana da un pallone da calcio e abile solo in determinate discipline. Al Sud la strada è ancora lunga, ma il nostro club può fare molto in tal senso, sperando che la possibile promozione in A1 possa portare ancora più entusiasmo attorno a questo mondo. Mi auguro che le altre realtà del calcio femminile campano seguano il nostro esempio, arrivando all’importante formazione di settori giovanili”.
Ritiene che la destinazione dello Stadio Collana all’uso esclusivo della vostra società sia un progetto potrà essere attuabile in tempi brevi?
“Spero che tale situazione si possa compiere al più presto possibile, avendone discusso già qualche anno fa. Lo sport campano ha infatti come problema principale quello della carenza di impianti adeguati e senza di esse non si percorre tanta strada. Quello dell’utilizzo del Collana sarebbe un sogno e potrebbe portare al compimento il progetto del Napoli femminile come seconda squadra cittadina”.
Intervista a cura di Antonio Fusco e Alessandro Sacco
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