Volti semplici, storie di vita dove il calcio è una passione lontana dalle prospettive milionarie dei campioni della Serie A; con l’attenzione al mondo del calcio femminile, vi raccontiamo lo spaccato di vita delle ragazze che formano lo splendido gruppo del Napoli Carpisa Yamamay. Gioia Masia, difensore centrale della formazione di Marino, è una delle giocatrici più esperte. Facciamo un’irruzione nella sua carriera professionale intervistandola in esclusiva con un ampio focus sulla sua esperienza a Napoli.
Come e quando è nata la passione per il calcio?
“La passione per questo sport è iniziata all’età di nove anni, in verità l’ho sempre avuta, però a quell’età riuscii a trovare una squadra femminile, la Torres, e da quel momento iniziò tutta la trafila. Dalla Sardegna sono andata a giocare nella Lazio,poi ritornata a Sassari, successivamente al Bojano, poi alla Roma e dopo cinque anni in Friuli, al Tavagnacco ed infine a Napoli con la Carpisa Yamamay”.
Nel calcio maschile e femminile hai dei modelli a cui ti ispiri?
“Nell’ambito maschile ho avuto una grande ammirazione per Nesta e Cannavaro, sono per me i migliori difensori che il nostro calcio abbia mai avuto, attualmente nel reparto difensivo non abbiamo giocatori di quel livello. Nel calcio femminile ho giocato assieme a Carolina Morace, Patrizia Panico, Antonella Carta, calciatrici veramente valide, però nel mio ruolo non ho modelli a cui mi ispiro”
Com’è la tua vita fuori dal calcio? Quali sono i tuoi hobbies?
“Adoro molto leggere, poi ho una passione per gli animali soprattutto per i cani. Ora vorrei cominciare a studiare l’inglese che mi servirà per questioni lavorative in futuro. Prima leggevo molto di più, adesso un po’ meno per i tanti impegni calcistici, però è un hobby che coltivo da molto tempo”.
Con le tue compagne, in tutte le interviste, abbiamo condotto un gioco, chiedendo loro un pregio ed un difetto di mister Marino. Come ti esprimi tu in tal senso?
“Un suo grande pregio è che è molto attento alle sfumature, ai dettagli delle partite che fanno sicuramente la differenza. Delle nostre avversarie ci dice tutto: dalla A alla Z, non gli sfugge niente e questo ci facilita nell’affrontare al meglio le gare, non siamo mai impreparate. Un suo difetto è che ci fa allenare troppo (ride n.d.r.), ci fa lavorare molto, 24 ore su 24”.
Vivi a Napoli ormai da qualche mese. Cosa ti ha colpito della città di Napoli?
“Essendo nata in Sardegna, noto innanzitutto il mare, aspetto che hanno in comune Sassari e Napoli. L’allegria dei napoletani è davvero contagiosa, mi sto trovando davvero benissimo e vorrei smentire tutte quei pregiudizi sulla vostra città, che per me è unica nel suo genere e voglio restarci ancora per tanto tempo. Dalle altre parti dell’Italia mi chiamano terrona ma io vado avanti per la mia strada e confermo di essermi trovata sin da subito a mio agio a Napoli. Vivo ad Agnano con le mie amiche Giacinti, Morra ed ho legato moltissimo con loro, ma in generale sono davvero affezionato alle mie compagne di squadra perchè siamo un gruppo davvero affiatato e i risultati si stanno vedendo”.
Se al ritiro di Serino ti avessero detto che eravate al quinto posto a poche giornate dal termine, cosa avresti pensato?
“In ritiro sapevamo che potevamo far bene, mi ero accorta sin da subito che avevamo una squadra davvero competitiva. All’inizio l’impatto è stato davvero duro, non siamo partiti bene, la rosa era composta da tanti elementi nuovi ed abbiamo pagato quest’handicap. Molte di noi dovevano imparare gli automatismi; ovviamente non era una cosa facile, però, i meccanismi sono oliati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. A Monza si è vista una squadra più matura, non era così semplice come partita perché le lombarde giocavano per la salvezza e noi avevamo molte assenze: oltre alla sottoscritta, mancavano Pirone e Barreca. Avendo una rosa ampia, il mister può fare le scelte migliori per schierare una formazione davvero competitiva”.
Tra le squadre in cui hai militato c’è anche il Tavagnacco, prossimo avversario della Carpisa. Come si può affrontare una compagine che attualmente è in lotta per il tricolore?
“Non ci sono consigli particolare che posso dare. Se giochiamo come contro Torres e Brescia, sono certo che verrà fuori una bella partita, combattuta fino all’ultimo minuto. Potrebbe esserci un pizzico di timore visto che il Tavagnacco è la prima della classe, anche se con una gara in più rispetto alla Torres. Noi comunque siamo cresciute, affrontiamo le gare con la mentalità giusta, giocandocele a viso aperto. Al “Collana” il pubblico ci trascina tantissimo e ciò ci consente di esprimerci al meglio. Sabato dovremo fare altrettanto senza farci condizionare dalla forza delle friulane che hanno tutto da perdere e noi solo da guadagnare”
Cosa consiglieresti alla società per poter arrivare ai primi posti dell’A1 nei prossimi anni?
“In teoria ci vuole un pizzico di esperienza come squadra, come gruppo e anche come società. Se arrivassero altre bravi calciatrici tanto meglio, però, sono necessarie altri fattori per arrivare ai vertici. La Torres ed il Tavagnacco lo dimostrano, ci hanno impiegato molti anni prima di arrivare a poter vincere campionati e coppe. La nostra attualmente è una buona squadra, con altri elementi validi potremmo migliorare l’attuale campionato, però, per raggiungere le prime due posizioni serviranno due o tre anni di esperienza nella massima serie”.
Patrizia Panico gioca all’età di 38 anni ed è ancora tra le migliori giocatrici del nostro calcio, avremmo la fortuna di vederti in campo ancora per molto tempo come la bomber della Torres?
“Non te lo so dire perché ad inizio stagione dico sempre che è il mio ultimo anno per avere più tempo, costruirmi una famiglia, però, arrivati al mese di febbraio/ marzo cambio idea perché non è facile dire basta ad uno sport che gradisco tantissimo e non ce la faccio a dire “mi ritiro”. In questo momento penso solo al campo e poi a fine stagione prenderò la mia decisione definitiva. C’è una sola certezza, voglio chiudere qui la mia carriera”.
Intervista a cura di Alessandro Sacco
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