Calcio campano, valorizzazione dei giovani, necessità di progetti sani: questi ed altri sono gli argomenti toccati da Francesco De Falco, nativo di Pomigliano ed ex direttore sportivo di Piacenza e Triestina, contattato in esclusiva dalla redazione di Iamnaples.it per la rubrica “La Telefonata”:
Lei è stato un calciatore che ha vissuto anche i palcoscenici della Serie A prima di essere un dirigente. Da addetto ai lavori come valuta la situazione attuale del calcio campano?
“Credo che in questo momento la Campania sia una delle regioni più prolifiche a livello calcistico; il Napoli è una compagine di livello europeo, in serie B ci sono Nocerina e Juve Stabia, l’Avellino ha ottenuto il ripescaggio in Prima Divisione, dunque i risultati stanno maturando”.
Lei è nativo di Pomigliano e guarda sempre con interesse alla compagine della sua città. A suo parere, quali sono le prospettive del Pomigliano Calcio?
“I Romano, proprietari del club e miei parenti, hanno investito molto sulla realtà di Pomigliano, sfiorando lo scorso anno la promozione. Sono il fiore all’occhiello della Campania,una società seria e con grandi ambizioni, costruiranno sicuramente una squadra in grado di poter vincere il campionato”.
Ci descriva la sua carriera dirigente, in primis le esperienze di Trieste e Piacenza?
“Faccio questo lavoro da quindici anni, ho vinto molti campionati, a Trieste ad esempio ho fatto di tutto: dal presidente all’allenatore, dal direttore sportivo al direttore generale, togliendomi tante soddisfazioni. A Piacenza, ogni cosa procedeva per il verso giusto, poi è accaduto qualcosa che non ha niente a che vedere con il calcio giocato, certamente la squadra non era da retrocessione…”
Progetti per il futuro, è già in contatto con qualche club?
“Sono alla finestra dopo un periodo di riposo; non guardo troppo alla categoria, l’importante è trovare progetti seri, il calcio ha bisogno infatti di serietà e in giro non ce n’è molta… Il piano economico e quello sportivo devono procedere di pari passo; purtroppo tutti hanno voglia di vincere e si fanno grandi proclami senza avere i fondi necessari, celando molte verità. Anche i regolamenti, nello specifico quello riguardante i giovani calciatori, vengono stabiliti senza aver il coraggio di ammettere che mancano soldi: deve giocare chi è bravo, seguendo il criterio della meritocrazia; cimentarsi un anno in Prima Divisione per poi non riuscire a trovare definitiva sistemazione, a causa di rigide normative, non ha senso. Ho esordito in serie A da diciassettenne, e come me tanti altri; non è dunque questione di regolamenti, bisognerebbe solo abbassare i costi”.
A cura di Antonio Fusco
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