Oggi per la rubrica “La telefonata” facciamo un viaggio nelle scuole calcio, inaugurando una vera e propria missione in giro per i luoghi in cui i bambini danno i primi calci al pallone, imparando la cultura di questo splendido sport. Approdiamo nella magnifica collina dei Camaldoli, dove si fa notare un campo di calcio sintetico, ecologico, di ultima generazione; è quello dalla scuola calcio Partenope Vomero 1986 del presidente Andrea Mellino. Iamnaples.it ne ha parlato in esclusiva con il responsabile della scuola calcio Alfredo Capo:
Come è strutturata la vostra scuola calcio e come si accede?
“Il presidente è Andrea Mellino, gli allievi iscritti sono circa settanta, 5 allenatori, un preparatore atletico, un medico, in totale con altri addetti 10 persone. Con una iscrizione annuale di circa 600 euro, dove sono comprese: assicurazione, divise, trasporti con un pulmino per le trasferte. Gli allenamenti sono il martedì e giovedì”
Che tipo di rapporto esiste tra voi e l’Empoli calcio?
“Tra noi e l’Empoli calcio per il momento esiste solo l’affiliazione”
Quale certificazione medica occorre per accedere?
“Fino a 12 anni ci vuole il certificato del medico curante, dai 12 anni in poi il certificato di attività agonistica elaborato da un medico di medicina dello sport che fa eseguire all’atleta analisi di laboratorio, ecg, esame spirometrico e altro”.
A quale età è previsto l’agente Fifa, meglio conosciuto come procuratore?
“Dai 18 anni in poi perché le società da quell’età in poi devono fare il contratto. Precedentemente si ha diritto solo ad una cifra stabilita che la società che acquista ti riconosce perché la scuola calcio l’ha seguito e allenato. La cifra dipende dalla categoria della società che acquista il calciatore. Se è una società di serie A sono 16.000 euro riconosciute alla scuola calcio, la cifra è legata alle categorie. Poi da 18 anni in poi sono trattative riservate”.
Come s’intuisce se un bimbo ha la predisposizione al calcio?
“Prima ancora della valutazione come calciatore, si nota la sua inclinazione al rapporto umano, mi spiego meglio: se è educato, se è attento alle parole del mister, la sua puntualità, il rispetto dei compagni, la costanza negli allenamenti. Prima di tutto questi valori e poi il discorso tecnico. Il calciatore si vede dopo, il mister ed il preparatore prima gli insegnano a stare in gruppo, a continuare gli studi e poi il lato tecnico”
Quindi prima di tutto c’è l’aspetto mentale?
“Si e non solo, perché entra in ballo anche l’aspetto ed il contesto sociale, poiché la gestione non è solo del ragazzo, ma anche e specialmente dei genitori. Spesso il direttore tecnico è rappresentato dalla madre che dice di saperne più di noi, le mamme ci dicono se il figlio gioca meglio a destra o sinistra, al centro o in difesa. Spesso la rovina delle scuole calcio sono proprio i genitori perché molti li portano qui pensando di risolvere i propri problemi economici”.
Quale è il ruolo preferito dai giovani?
“Di solito quello del centravanti, perché segna ed esulta. Raramente difensori o portiere, ed è anche facilmente comprensibile. Perché se il centravanti sbaglia tre gol e ne fa uno poi, tutti dimenticano i tre errori, ma se un portiere effettua tre parate e prende un gol ci si ricorda solo di quello. Certi ruoli non vengono neanche molto sponsorizzati, ci sono stati dei momenti che tutti volevano fare il portiere, e mi riferisco quando nel Napoli c’era Pino Tagliatatela o quando agli esordi Buffon ero il mito da seguire. I ragazzi seguono gli idoli, i campioni e li vogliono imitare. Infatti, quando un bimbo delle scuole calcio segna esulta come i veri campioni, o facendosi lustrare la scarpa, o mimando il gesto dell’aereoplanino o l’altro. Spesso siamo noi a indirizzare i giovani per i ruoli che riteniamo più adatti a loro. Se fosse per loro e per i genitori sarebbero tutti goleador”.
Perché molti ragazzi promettenti si perdono durante il loro cammino?
“Per primo a causa dei genitori che non ci fanno lavorare bene, certe volte sono talmente esaltati che durante i campionati, su alcuni campi, si vedono scene di tifo organizzato, con trombe, fuochi di artificio. Comportandosi così creano delle aspettative nei figli e li rovinano. Un altro motivo è sicuramente colpa di alcune società che non sono strutturate bene, secondo le norme. Noi ad esempio abbiamo preteso e provveduto affinché i nostri allenatori abbiano seguito il corso di allenatori o di preparatore atletico, molte società questo non lo fanno e creano dei danni. Noi come società subiamo anche il “ricatto” dei genitori, perché le scuole calcio si sostiene principalmente con le iscrizioni e, quindi, certe volte dobbiamo adeguarci. Qui nel Meridione la realtà è molto diversa, al centro-nord le scuole calcio usufruiscono dei campi che i Comuni mettono a disposizione”.
Ci spiega come vi siete organizzati per le norme di sicurezza fisica degli atleti?
“Noi qui abbiamo una prima unità di P.S., poi in campo c’è un medico con il defribillatore e questo ci fa stare tranquilli. Nella nostra struttura tutte le persone sono operative, lo fanno a termini di legge, dal medico al preparatore atletico per finire con il guardiano della scuola”.
Quali sono i campionati a cui partecipate?
“Quest’anno siamo nei giovanissimi provinciali, negli esordienti con arbitro e pulcini 2001/2002 e 2002/03. La nostra società esiste dal 1986, ma ora siamo in fase di ristrutturazione ed in virtù dei nostri principi e del nostro lavoro prevediamo un aumento considerevole degli iscritti”.
Ci segnalate qualche elemento tra i vostri giovani che sia già di rilievo?
“Al Cisterna abbiamo dato Corrado Cristiano (classe ’96), un altro elemento interessante è Giorgio Pisacane (’97), Antonio Melucci (’99). I primi due sono seconde punte, Melucci è un esterno sinistro ed è da valutare attentamente anche Murolo (’99)”.
Se dovesse dare un consiglio ai genitori, cosa direbbe loro?
“Fate in modo che i ragazzi interpretino la scuola calcio come una scuola vera e propria dove si deve imparare qualcosa, e non fate pesare ai ragazzi se loro non dovessero emergere, fate in modo che resti sempre, alla loro età, un gioco”.
Intervista a cura di Alessandro Sacco
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