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ESCLUSIVA- Campilongo: “Il progetto Ischia mi affascina”

"Non dovevo accettare la Nocerina. Napoli? Servono i campioni"

Il progetto Ischia lo sta riportando sulla panchina di una prestigiosa società campana, la redazione di Iamnaples.it intervista in esclusiva per la rubrica “La Telefonata” Salvatore Campilongo, una vita nel calcio sia come giocatore che come allenatore.

Partiamo dalla tua carriera da calciatore. I primi calci, le esperienze più belle; raccontaci il tuo percorso?

“Ho iniziato a giocare a calcio sin da bambino. Sono nato a Fuorigrotta, nei pressi del San Paolo e ho dato i primi calci per strada come tantissimi scugnizzi della nostra città. Arrivai nei pulcini del Napoli, ma poi fui bocciato perchè piccolino di statura. Successivamente sono cresciuto nella Bagnolese che era allenata da Bruno Di Lauro, dopo due-tre anni andai a Castellammare di Stabia dove, dopo l’esperienza del settore giovanile, ho vissuto la gioia dell’esordio in C2. La società gialloblù mi ha poi ceduto alla Lazio dove all’età di diciassette anni disputai un ottimo torneo di Viareggio proponendomi come uno dei migliori  ed all’età di diciotto anni ho debuttato in prima squadra. Dopo l’avventura capitolina, ho girogavato tra i campi di B e C. Nell’attuale Lega Pro ho giocato per quasi 14 anni, in C1 vinsi 4 campionati, mentre negli ultimi 5-6 anni ho giocato in serie B in squadre importanti come il Palermo, il Venezia. Con la maglia della compagine veneta mi sono regalato la soddisfazione di fare ben quattro gol alla Juventus in Coppa Italia eliminandola ai quarti di finale. Con la maglia rosanero ho raggiunto il record di reti, in una partita realizzai ben cinque gol contro il Lecce e che nessuno ha ancora eguagliato. In totale ho siglato 170 gol tra la B e la C e il mio ultimo club da giocatore fu il Marcianise, dopo aver giocato anche  nel Giugliano in C2. A fine carriera l’ultima grande soddisfazione è stata la vittoria del campionato di Serie D con la maglia della Puteolana. Dopo essermi ritirato ho cominciato a fare l’osservatore dell’Udinese, poi ho lavorato alla Casertana come dirigente prima di cominciare la mia carriera in panchina”.

E’ più difficile fare il calciatore o l’allenatore?

“Decisamente la prima, il giocatore dipende da se stesso, dalle sue capacità e dalla sua condizione psicofisica. Il calciatore fa molti sacrifici nel corso della settimana e deve sempre stare al 100% della forma. La vita dell’allenatore è molto più complicata, deve seguire i ragazzi 24 ore su 24, comportandosi anche come un buon padre di famiglia oltre che un gestore delle forze tecniche dei suoi calciatori. Ci sono molteplici aspetti; un tecnico deve saper mediare con i giornalisti, con la tifoseria e saper parlare con la dirigenza. Bisogna saper poi preparare le partite in maniera meticolosa, curando i particolari senza sbagliare niente. In caso di insuccessi bisogna essere bravi a sopportare opinioni di varia natura provenienti da più parti. Naturalmente l’aspetto positivo è che dopo le vittorie ci sono le gratificazioni perchè l’allenatore è il protagonista del lavoro tecnico”.

Cos’ è realmente successo nella tua recente esperienza a Nocera Inferiore?

“Con il senno di poi credo che non avrei dovuto accettare la squadra rossonera, non per la piazza in sè, ma perché  dal primo giorno capii che la situazione della Nocerina era disperata. La società aveva fatto degli errori di valutazione della rosa, non era così convinta dell’esonero di Auteri, che è stato l’artefice della promozione nel campionato cadetto dopo ben 30 anni. Il tecnico aveva un ottimo feeling con la tifoseria e a mio avviso, anche dopo dieci sconfitte, la società non doveva esonerarlo. Ho anche intuito che non potevo dare di più in una situazione quasi compromessa e per questo motivo decisi di dare le dimissioni facendo alla squadra l’augurio di raggiungere la salvezza. I  fatti mi hanno dato ragione, la Nocerina non ha potuto evitare la discesa in Lega Pro, nonostante che gli acquisti da me suggeriti: Giuliatto, Mingazzini, Parola. Era ormai troppo tardi poichè il distacco dalla zona salvezza era ormai incolmabile”.

Sappiamo che stai per diventare il nuovo allenatore dell’Ischia, cosa ti ha convinto del progetto del Presidente Lello Carlino?

“I primi contatti avvennero un mese fa, ma furono  casuali, quasi per scherzo, però ho avuto l’occasione di conoscere il presidente, una persona straordinaria e mi ha illustrato i progetti futuri del club. Dico la verità, mi ha entusiasmato sin da subito il suo modo di fare, la categoria mi interessa fino ad un certo punto. E’ chiaro che, dopo anni di serie B disputati a buoni livelli, ho bruciato le tappe allenando per otto anni nel campionato cadetto e un po’ dispiace dover scendere di categoria. Lello Carlino è una persona affidabile, sta facendo bene in tutti gli sport e chissà che questo connubio possa portare l’Ischia a traguardi importanti. In passato il club dei “canarini”  ha giocato in C1, ci sono stati calciatori che hanno fatto la storia del club e l’ambiente concede la possibilità di lavorare bene anche se al tempo stesso pretende i risultati. Il progetto mi affascina ma non posso essere ancora definito il tecnico dell’Ischia; da più di un mese si dice che è tutto fatto anche se non viene messo il nero su bianco. Stiamo lavorando per costruire una squadra competitiva per la promozione in Lega Pro ma devo aspettare ancora un po’ per l’ufficializzazione. Il campionato dilettantistico è uno dei più complicati, credo che la squadra dovrà lottare in ogni gara per ottenere il massimo perché non vince la più forte ma quella capace di esprimere il rendimento più continuo.

Sei nato a Fuorigrotta e non possiamo non chiederti un giudizio sul cammino del Napoli. Come valuti i progetti degli azzurri?

“Mazzarri è un grandissimo allenatore, ha ottenuto dei risultati strepitosi in una città come Napoli che ti espone a molte pressioni e anche da questo punto di vista si è sempre distinto in maniera egregia. Ha una personalità molto forte, ha trovato l’habitat giusto per poter esprimere il suo potenziale tecnico. Le idee del club non mi convincono in merito soprattutto all’attuazione del fair play finanziario. Cedere Lavezzi e non sostituirlo in maniera adeguata significa indebolire la rosa. Inserire i giovani nel Napoli va anche bene, ma devono essere affiancati da grandi campioni alzando il monte ingaggi; solo così si può fare il salto di qualità. Ricordiamo che la vittoria della Coppa Italia non può soddisfare la tifoseria partenopea visto il quinto posto in campionato e la mancata qualificazione in  Champions League”.

Ricordiamo che la redazione di Iamnaples.it, da sempre attenta alle vicende del calcio campano, aveva già annunciato in esclusiva la trattativa tra Campilongo e l’Ischia. Clicca qui per vedere la photogallery della semifinale di Coppa Italia tra la Carpisa Yamamay Napoli e la Torres in cui ci fu l’incontro tra l’allenatore napoletano ed il dg dell’Ischia Crisano (nella foto).

A cura di Alessandro Sacco

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