Prove di Champions all’Emirates Cup: avversari di massimo rispetto per il Napoli, che dopo poche settimane di preparazione si è ritrovato contro due grosse squadre straniere, Arsenal e Porto, già ben più avanti con la preparazione. Inoltre, due partite del genere in due giorni non sono proprio facili da affrontare: qualche scusa c’è per Benitez, che torna a casa con una clamorosa vittoria sfiorata a domicilio sull’Arsenal e una brutta sconfitta contro il Porto.
CON L’ARSENAL IMPRESA SFIORATA – La sfida ai padroni di casa è partita con alcune conferme di formazione rispetto alla vittoria contro il Galatasaray: Mesto ancora esterno sulla linea di difesa, Britos riproposto centrale con Cannavaro, e Pandev di nuovo come terminale offensivo.
L’Arsenal è partito bene e ha subito sfoggiato il tasso tecnico di cui dispone, superiore a quello dei turchi sconfitti al “San Paolo”, ma il Napoli ha risposto mostrando sicurezza dei propri mezzi e fraseggi altrettanto puliti. Possesso palla preciso e tocchi pregiati, i londinesi hanno attaccato subito con piglio, pur tenendo la partita su ritmi piuttosto bassi, ma presto sono stati traditi dal difensore Jenkinson, già al 7’: il suo goffo intervento è stato punito da un Insigne in versione “rapace d’area di rigore”, capace di segnare il secondo gol in due gare e ribadire il suo feeling speciale con il nuovo modulo di gioco.
Con un Inler in lieve crescita e una difesa ben guidata da Cannavaro, il Napoli ha retto la reazione dei Gunners, grazie anche al solito sacrificio degli esterni offensivi, in particolare Callejon, sempre ben disposto alla corsa e alla copertura. Segno che la squadra, dopo poco tempo, ha già dei propri meccanismi e una propria identità: si è visto anche quando Benitez ha di nuovo invertito le posizioni di Insigne e Callejon, per non dare punti di riferimento ai rivali.
La partita si è mantenuta su ritmi pacati e anche il Napoli ha proposto meno “folate” rispetto all’amichevole precedente, gestendo con calma il pallone. E quando l’arbitro ha pensato bene di regalare un rigore ai padroni di casa (per poi negarne uno al Napoli), anche Reina ha mostrato il suo valore, tanto per far capire di essere un acquisto azzeccato: tiro dal dischetto parato all’esperto Podolski, con grande reattività e solidità. Prodezza da aggiungere a diverse parate prima e soprattutto dopo il rigore, e alla lieta riprova che con i piedi ci sa fare, proprio come vuole Benitez.
Intorno alla mezzora e ad inizio ripresa, la pressione dell’Arsenal è aumentata, ma i biancorossi (per l’occasione in giallo) sono stati spesso imprecisi, o fermati dall’ottimo Reina, beccato dal pubblico che fu suo rivale. In questa fase il Napoli è stato però altrettanto pericoloso, creando occasioni ghiotte con fulminee ripartenze – il vecchio cavallo di battaglia mazzarriano, che con i nuovi interpreti sembra ancora più efficace. La novità comunque c’è: le accelerazioni non significano solo contropiedi, ma il nuovo Napoli è capace di crearne anche in fase di possesso, grazie a un baricentro più alto e un atteggiamento più spavaldo, controbilanciato da un pressing costante senza palla, e da una disposizione in campo molto corta e ben serrata. Sotto la guida di un Hamsik eletto leader dei suoi, la circolazione è elegante, performante, verticale.
Nella ripresa i tifosi azzurri hanno salutato anche l’esordio di Higuain, apparso però un po’ appesantito e in ritardo di condizione. Con lui è rientrato anche Maggio, ma proprio come successo per Zuniga contro il Galatasaray, a lasciare il campo è stato Callejon. Quasi a testimoniare che, almeno per ora, Benitez vede Maggio e Zuniga più come esterni alti. Intanto Armero e Mesto non hanno sfigurato, dimostrando di saper anche difendere, dopo qualche incertezza soprattutto del primo contro i turchi. L’Arsenal ha proseguito l’assedio e la difesa napoletana ha retto bene, finché i cambi nel finale non hanno stravolto un po’ gli equilibri: i londinesi hanno fatto entrare i migliori, Benitez ha inserito i rincalzi, optando ancora per una sostituzione un po’ “conservativa” sugli esterni, quando ha messo Dossena per Insigne.
Lo scompenso dei valori in campo ha favorito l’Arsenal, che ci ha creduto e sugli sviluppi di due calci piazzati ha realizzato la rimonta, favorita anche dalla permissività dell’arbitro in occasione delle mischie aeree: prima Giroud in rovesciata e poi Koscielny (migliore dei suoi) di testa hanno agguantato il pari nel finale, strappando ai napoletani la gioia di una prestigiosa vittoria a domicilio a Londra.
IL PORTO GETTA QUALCHE OMBRA – Contro il Porto Benitez è ripartito da dove aveva finito, riproponendo una ipotetica squadra fatta per lo più di riserve, proprio come quella che ha subito la rimonta dall’Arsenal: dopo il rigore procurato e segnato da Pandev grazie a una pregevole giocata di Mertens, il Napoli ha incassato nella ripresa ben tre reti dal Porto, vanificando anche in questo caso il vantaggio con cui ha chiuso la prima frazione. Si è visto dall’inizio Gamberini, titolari anche Fernandez e Dossena, Zuniga in campo dal 1′ ma a destra: una difesa inedita che solo per un tempo ha saputo reggere. Dossena ha sofferto fin da subito Varela e gli altri dirimpettai, non opponendo resistenze in marcatura né rispondendo con discese degne di nota. L’errore con l’assist involontario a Lica è stato solo la ciliegina sulla torta. E c’è da dire che già contro l’Arsenal aveva sfigurato, subendo Sagna senza riuscire a contrastarlo. Fernandez ha sofferto gli attaccanti veloci dei portoghesi, ma non sarebbe stato del tutto da bocciare se non si fosse reso protagonista di una brutta autorete, regalando il sorpasso agli avversari. Zuniga è stato un po’ opaco e gli altri centrali scesi in campo, Gamberini e poi Albiol, sono stati senza lode e senza gravi infamie.
Anche il centrocampo aveva una grossa novità, ovvero l’esordio dal 1′ di Radosevic, che è stato una sorpresa positiva. Non a caso, finché era in campo lui il Napoli è stato in vantaggio: il giovane nazionale croato ha recuperato tanti palloni ed ha agito da diga davanti alla difesa, dimostrando di saper svolgere bene il lavoro di Behrami. Anche lui ha qualche difetto in impostazione ma non è all’incontrista che viene richiesto questo compito.
L’attacco ha visto Calaiò al centro e Pandev come mezza-punta, ma anche in questo caso è stato il macedone ad andare in gol e non il palermitano, sempre meno convincente per rimanere nei piani di Benitez. Mertens è stato bravo solo in occasione del rigore procurato; Callejon sempre disciplinato in copertura, ma a questo punto viene il dubbio che i suoi compiti difensivi possano limitarne le potenzialità offensive.
Nel primo tempo si è visto poco spettacolo, frenato anche dal caldo, che ha costretto le squadre ad una manovra lenta e compassata. Più Porto comunque, Napoli insolitamente attendista e meno corto del solito. Molti spazi per i portoghesi, che hanno favorito soprattutto un ispiratissimo Quintero, forse desideroso di riscatto verso il calcio italiano. Mentre il Porto giochicchiava molto con la palla, e senza era fin troppo falloso (permissivo l’arbitro Taylor), l Napoli si è reso pericoloso sulle ripartenze, ed è una di queste che ha fruttato il rigore del vantaggio.
Nella ripresa è cresciuto il ritmo e la partita si è fatta più vivace. Intanto, però, era rimasto fuori Radosevic: cambio strano perché ad entrare è stato Hamsik, condannando di fatto la squadra a giocare senza incontristi. Un vero regalo agli avversari, che infatti dopo poco entravano in area attraversando strati di burro e segnavano il pareggio con Ghilas, con un rasoterra facile facile. E solo al 73′ Benitez si è accorto del problema, inserendo Behrami per Callejon. Più tardi il tecnico ha scelto ancora una volta di togliere un esterno alto quando ha fatto entrare Maggio, poi arretrato di nuovo quando Novothny ha preso il posto di Zuniga: un po’ troppa confusione tattica che di certo non ha aiutato il Napoli ad organizzarsi. Nel mezzo, le citate papere di Fernandez e Dossena hanno spianato la strada alla rimonta del Porto. Negli ultimi minuti, gli azzurri non hanno saputo reagire, e la partita si è avviata stancamente verso l’1-3 definitivo.
NOTE POSITIVE, CONFERME, QUALCHE ALLARME – Da Londra sono arrivati diversi segnali positivi, soprattutto dopo la prima partita giocata con i titolari. Positivi sia a livello di gruppo che di singoli: la squadra ha confermato di avere già un’impronta di gioco, di seguire il tecnico, e mostra una discreta armonia complessiva, oltre che buon ritmo e aggressività. La disciplina tattica c’è, così come si nota un tentativo di valorizzare il tasso tecnico dei singoli; e a proposito dei singoli, si è detto come Reina, Cannavaro, Radosevic, Hamsik (su tutti), Callejon, Insigne e Pandev abbiano già fatto vedere buone cose.
In attesa di scoprire il miglior Higuain, Pandev sembra in grado di ricoprire anche il ruolo di prima punta. Date le difficoltà difensive (cinque gol subiti in due partite), non sarebbe forse più opportuno preoccuparsi di colmare le lacune in altri reparti, piuttosto che concentrarsi su un altro grosso nome da affiancare a Higuain in attacco? Non è solo la difesa il problema: i due di centrocampo fanno poco filtro, e il baricentro alto aiuta l’azione offensiva ma scopre con grandi rischi i fianchi e le spalle. Senza i raddoppi che, con Mazzarri, Behrami e Inler (o Dzemaili) attuavano insieme a Maggio e Zuniga, tutta la difesa va in affanno.
Anche se Radosevic può dare qualche garanzia, un altro innesto a centrocampo, capace di recuperare palla ma soprattutto di impostare l’azione, servirebbe. In difesa, sia Britos che Fernandez hanno tradito troppa lentezza per giocare con un solo centrale accanto: l’acquisto di un difensore roccioso e non troppo lento è necessario. E sarebbe importante anche un rinforzo per le fasce, soprattutto se dovesse partire Zuniga o se Benitez non fosse convinto di schierarlo in difesa: mentre Mesto e Armero non hanno mai svolto realmente compiti difensivi fino all’anno scorso, Maggio e Zuniga (che invece lo hanno fatto) sono stati schierati finora soltanto da esterni alti. Dossena è attualmente improponibile e lo stesso Mesto ha un profilo non adatto ad una squadra che lotti per lo scudetto e giochi in Champions.
Il mercato non è ancora finito e l’esperienza di Londra ha lanciato qualche allarme: occorre riflettere meglio su come investire il patrimonio rimanente, perché al momento la squadra non è attrezzata ancora completamente per competere al massimo su due (anzi tre) fronti.
A cura di Lorenzo Licciardi
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