Otto cognomi (Emery, Etxegoien, Alza, Virto, Arocena, Aizpitarte, Exposito e Etxeberria), due grandi amori e quel pensiero fisso che lo acceca costantemente: “Mi addormento spesso alle due di notte ma alle nove della mattina già lavoro”. Senza famiglia e mare non ci sa proprio stare, quasi impossibile; ma il fútbol beh, dire che è la sua vita quasi riduttivo: e gli riesce davvero bene. Da giocatore? “Un cagasotto, sentivo molto la pressione” parola di Unai in persona, che con le scarpette ai piedi avrà racimolato si e no una decina di presenze in Primera Liga, poca cosa. Ma come allenatore… Emery ci ha scritto pure un libro, ai tempi di Valencia: “Mentalità vincente” ancor prima di alzare un trofeo! Titolone spocchioso? Una profezia, meglio, come se lo sentisse dentro che quella era la strada giusta: e Siviglia ne sa qualcosa.
Studia tutto, ogni dettaglio, improvvisare mai, nemmeno ad un appuntamento galante. Quando parla (e dicono abbia iniziato davvero presto, a soli 10 mesi) ti fissa dritto negli occhi, e se non ti alleni come si deve durante la settimana, il posticino in tribuna è bello che prenotato, no? Chiedete a Deulofeu che ne pensa. Tre T nel suo credo: Talento, Trabajo, Tenacidad. Perché “il Talento è l’essenza, ma deve essere accompagno da lavoro e tenacia, costanza, perseveranza”. Unai, per certi amici anche “Cavaliere del Santo Graal”, già. Un pazzo? No dai, “una specie di eletto, un superstite che esce sempre trionfante dai momenti difficili” ha spiegato lui nel suo libro. Un professore di Economia di Castilla la Mancha lo ha studiato da vicino, con modelli matematici davvero moderni e… “Emery meglio di Mourinho e Guardiola” il responso più che mai nitido. E pensate, molti suoi tanti ex giocatori sembrano essere su questa lunghezza d’onda, uno su tutti Ricardo Costa: “Unai moderno ed efficace come Mou”. Ma lui – del ’71, generazione d’oro tra Guardiola e Luis Enrique – se ne frega di quello che dice la gente, pensa a schemi e campo, campo e schemi. Turnover maniacale e infinito, quest’anno alternanza Bacca-Gameiro come se piovesse sempre. Ma non solo: la gestione del gruppo è fondamentale, dirigere lo spogliatoio fin troppo importante. “Se lo spogliatoio pensa che ogni giocatore possa fare quello che gli pare sarebbe una grossa ingiustizia”.
Del Nido – presidente del club andaluso – nel 2009 gli chiese: “Scusi, ma lei sa cosa significa vincere un titolo?”. Emery schietto e sincero, risposta negativa all’istante. Ma con questa mentalità serviva solo un po’ di tempo, fiducia. Già, caro Siviglia: ecco record su record in Liga, due anni trionfali tanto al Pizjuan (stadio praticamente immacolato per mesi e mesi) quanto in trasferta. Ma soprattutto due Europa League consecutive, tra Torino e Varsavia. E per fortuna che non sapeva vincere. Giocatori rigenerati (Banega e Reyes), altri consacrati (vedi Aleix Vidal, che Emery si è reinventato terzino basso di spinta). Giovani valorizzati come Denis Suarez.
Ora Sevilla lo vorrebbe con se a vita e canta: “Senza di te non sarò felice”. Lui ringrazia (anche sui vari social network, che usa tantissimo) ma prende tempo, nonostante un altro anno di contratto col club andaluso e trattative per il rinnovo già in essere; tante big su di lui, l’Italia un richiamo costante. L’anno scorso forte il Milan, ora è De Laurentiis ad esserne rimasto stregato: presidente del Napoli che è volato questa mattina verso Madrid per convincerlo di persona, addirittura. Come? Chissà, forse basterà parlargli di Napoli e del suo stupendo mare… . O forse, no, anzi sicuramente no: sul piatto una Champions da riconquistare (oppure un Europa League da alzare in cielo, tanto per lui una formalità no?), nuovo progetto e stimoli da vivere ma fondamentale quella mentalità lì, che non dovrà mancare: vincente come lui, Emery. Ora si e per davvero, profezie alle fattucchiere.
Fonte: gianlucadimarzio.com
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