Aggiornate gli almanacchi: penna, carta e calamaio, perché la giostra del gol procede freneticamente, senza un attimo di sosta, nè una partita buttata via. Dal Torino al Dnipro e dagli ucraini al Genoa: tre gare, otto giorni e sei gol, esibiti variando sempre, perché il modulo-Cavani prevede divagazioni, la classe pura e cristallina da mostrare su calcio di punizione, la padronanza dei fondamentali per aggiustare un pallone perso, il tap in, il contropiede a campo largo. Ottanta reti in due anni e qualche mese con la maglia del Napoli, il principe del gol contemporaneo che va incontro alla storia, insegue Careca e Maradona, è lui: e quando il gioco si fa duro è lui che rimette in gioco le emozioni e conduce il Napoli oltre il vuoto pneumatico nel quale è piombato.
SORPRESA! – Clamoroso a Marassi, per un’ora Cavani è addirittura umano, riesce persino a sbagliare quattro passaggi (ma sì), manca un piattone in corsa di sinistro che potrebbe valere il pari, però intanto serve un assist che Maggio si starà ancora chiedendo come ha fatto a sciuparlo. Sono cose che capitano, persino un Cavani normalissimo fa notizia: ma lui, che ne aveva saltate due, s’era già rimesso in discussione atletica andando in campo con il Torino e il Dnipro per complessivi centottanta minuti. E alla terza, secondo la logica-Mazzarri, qualcosa si paga.
SPECIAL ONE – Poi chissà cosa gli succeda dentro, perché mentre la partita sta per finire e sembra quasi morta, a rivitalizzarla provvede il solito matador, uno che quando vede il rossoblù evidentemente s’infuria: una rete (inutile) nel 3-2 rossoblù della passata stagione, però anche una doppietta in quel 6-1 pre-natalizio che spalancò le porte della fantasia. L’uomo dei sogni ha ben chiaro cosa serva, al Napoli: serve la sua fisicità, la capacità di andarsi a cercare la prateria, la rapidità, quel passo potente e però danzato che trascina, e l’istinto famelico di chi sa stare sul filo del fuorigioco, però evitando che il guardalinee alzi la bandierina. Genoa 2 e Napoli 1, ma Cavani non è ancora realmente sceso in campo: dettagli marginali al pomeriggio, ma il graffio, l’autografo, è ancora congelato. Palla sulla propria trequarti, per una punizione che Cannavaro batte immediatamente su Inler: è un disegno cinico, letale, e si intuisce dai movimenti. Cavani è largo a destra, la palla sta scorrendo verso Inler, che scarica su Hamsik, che vede il movimento, taglia la difesa con un passaggio che s’infila come un coltello caldo nel burro. C’è il matador che è partito ed ha rimesso in discussione qualsiasi refolo di diffidenza: perché lui non è abituato a restare nascosto tra le pieghe d’un match. E’ 2-2 e sta per cominciare una nuova sfida, che dura poco ma che è vibrante: 3-2 Napoli, con il Genoa che spinge e il Matador che appostato nella periferia chiede solo di vederlo, servirlo, ispirarlo, prima che lui mandi in porta anche Insigne per il 4-2 che restituisce lucentezza alla classifica e buon’umore alla città da lui scelta sino al 2017: « Perché io qui sono felice e lo è la mia famiglia ». Perché lui è l’oro di Napoli.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.