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Ecco i giganti del Borussia. I panzer tedeschi primi avversari europei del Napoli

Klopp: io allievo del grande Sacchi

E’ un Borussia primo della classe lo squadrone della laboriosa Vestfalia toccato in sorte al Napoli nell’urna di Nyon. Nella nuova stagione ha avuto un decollo a razzo su tutti i fronti, come se la sconfitta di misura patita col Bayern il 25 maggio nella finalissima di Champions lo avesse tarantolato. Questo deve essere” l’anno della grande rivincita” è la parola d’ordine proclamata da Jürgen Klopp. L’orgoglio borussiano pretende una rivincita totale, perché non c’è soltanto la Champions da riscattare. Anche il titolo della Bundesliga e la Coppa di Germania sono stati strappati nel 2013 dal Bayern del triplete agli storici rivali di Dortmund. E’ una missione impossibile, nel parere della critica. Un sogno destinato ad un brusco risveglio. Una sfida persa in partenza, se non altro perché il reclutamento di Pep Guardiola avrebbe garantito ai monacensi una imperforabile corazza vincente. Invece la rabbiosa partenza del collettivo di Klopp ha gelato le frettolose sentenze degli scettici. Nel primo confronto diretto col Bayern dopo la sfortunata caduta di Wembley (Robben mattatore all’ultimo minuto) il Borussia si è aggiudicato la Supercoppa tedesca. E poi non si è più stancato di vincere, in Bundesliga come in Coppa di Germania. E’da solo in testa dopo quattro giornate, a punteggio pieno e con due lunghezze di vantaggio sulle “Guardiola-Truppen”. Si è riappropriato così di un primato che in Germania gli mancava ormai da diciassette mesi. I tifosi hanno cominciato a sognare il trionfo assoluto.
L’ALLENATORE- Klopp: Io allievo del grande Sacchi
Il ritorno del Borussia nel firmamento del calcio internazionale è merito di Jürgen Klopp. La sua tenacia, la capacità di innovare e di galvanizzare il gruppo verso traguardi apparentemente impossibili, la competenza nel mestiere ( «Sono un allievo di Arrigo Sacchi che ho frequentato personalmente in Italia»), il fascino mediatico irrobustito dalla schiettezza del linguaggio ai limiti della provocazione sono i punti forti della sua personalità. Nell’immaginario calcistico, Klopp è il classico duro con il cuore d’oro. Il sergente di ferro che viene dalla gavetta. Da giocatore è stato per dieci anni un ruvido esterno tuttofare del Magonza, che dopo 325 partite in serie B lo promosse in panchina. Nella terza stagione da allenatore, il suo primo capolavoro nel 2004: la promozione in serie A. La ricaduta del Magonza nella serie cadetta nel 2008, per mancanza di rinforzi, lo convinse ad accettare la sfida di risollevare il Borussia Dortmund che aveva chiuso il campionato al tredicesimo posto.
La società era ancora segnata dalla crisi debitoria che nel 2004 l’aveva gettata sull’orlo del fallimento. Non c’erano grandi mezzi per rimpolpare la squadra. Gli diedero carta bianca e il vessillo giallonero riprese quota. Esordì vincendo a Leverkusen. «Avanzeremo su questa strada», fu la sua promessa. L’ha mantenuta alla grande, portando il Borussia alla conquista di due scudetti consecutivi, col raddoppio in Coppa di Germania. E poi la scalata sempre più scintillante in Champions, a caccia di quella corona europea che manca a Dortmund dal 1997, quando il trofeo fu alzato nella finale con la Juventus.
LE STELLE – Lewandowski è nato per il gol
Robert Lewandowski, ma non solo lui. Pierre-Emerick Aubameyang e Henrikh Mkhitaryan sono i nuovi beniamini del pubblico giallonero. I 37 milioni incassati per la cessione (forzosa) di Mario Götze ai “nemici” del Bayern non sono stati conservati in cassaforte. Klopp ha chiesto rinforzi all’altezza delle sue ambizioni e li ha ottenuti. “Auba” (il nomignolo affibbiato nello spogliatoio all’attaccante franco-gabonese cresciuto a Milanello e proveniente dal St.Etienne) è costato 14 milioni e ha iniziato a ripianarli debuttando in campionato ad Augsburg con una tripletta nella prima giornata (record supersonico in Bundesliga). Ha lo sprint di una Ferrari (ne possiede una bianca) e vive in famiglia (moglie, figli, genitori e altri parenti). Ha ereditato dal brasiliano Dedé, idolo locale a riposo, il numero 17.
Il trequartista armeno Mkhitaryan è costato quasi il doppio (26 milioni allo Shakhtar Donetsk): ha cervello strategico, piedi eccellenti e tiro potente. Nell’ultima giornata ha abbattuto fuori casa con la sua prima doppietta tedesca l’Eintracht Francoforte. In cinquantamila sono accorsi per la sua presentazione insieme con Aubameyang. Di questo passo scompaiono molto in fretta le residue nostalgie di Götze. Altro nuovo acquisto, per 8 milioni, il difensore greco Sokratis (ex Milan e Werder Brema, in Italia più noto col cognome Papastathopoulos): programmato per la sostituzione di Hummels o Subotic dopo la cessione di Santana allo Schalke. Quanto al cannoniere ribelle Lewandowski, sventata la sua “fuga” al Bayern pronto a pagarlo 30 milioni, ha promesso di onorare a suon di gol il suo ultimo anno di contratto a Dortmund.
IL MODULO – Fiducia nel 4-2-3-1, potenza e rapidità
Potenza fisica e rapidità, compattezza e altruismo : ecco i quattro comandamenti alla base del 4-2-3-1 di Jürgen Klopp che contro il Napoli dovrà fare a meno di due interpreti fondamentali. Il terzino destro polacco Lukasz Piszczek, inesauribile cursore di fascia, è lungodegente per un’operazione all’anca. Ilkay Gündogan, autore del temporaneo pareggio a Wembley, è stato fermato da una dorsopatia (mal di schiena) che lo ha costretto a rinunciare anche alla convocazione della Germania. Al posto del polacco è stato spostato il polivalente tedesco Kevin Grosskreutz, impiegato già senza fortuna per rimpiazzare l’infortunato Götze nel finale dell’ultima stagione. Per la sostituzione di Gündogan , Klopp finora ha preferito il turco Nuri Sahin (in prestito dal Real Madrid) uno dei suoi fedelissimi della prima ora insieme col capitano Kehl (quasi sempre in panchina) il portiere Weidenfeller, i difensori Hummels e Subotic, la freccia destra polacca Blaszczykowski.
L’acquisto del geniale armeno Mkhitaryan ha potenziato il telaio orientale (i polacchi Lewandowski, Piszczek, Blaszczykowski e il serbo Subotic). Klopp esige dai suoi un gioco ampio, profondo e grintoso, mirato all’attacco, con la squadra molto alta per tenerla sempre pronta a rovesciarsi contro la porta avversaria con gli assalti di Reus e Lewandowski e gli inserimenti dei centrocampisti. C’è il pericolo del contropiede (esemplare il duello vinto da Higuain su Hummels con assist per il gol di Cristiano Ronaldo nella semifinale d’andata dell’ultima Champions), ma il rischio viene prevenuto con una forte intensità difensiva sul portatore di palla avversario.
Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione
L.D.M.

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