Poteva andare via, non ha voluto. Non c’ha mai pensato, neanche un attimo. Neppure quando l’hanno tentato: soldi e progetti diversi. E la possibilità di andare a giocare altrove: titolare, benvoluto, cercato. Niente. Voleva soltanto il Napoli. Ancora. Per l’ottava stagione (contrattualmente) di fila, per un altro anno almeno, per dimostrare di poterci davvero stare in questa squadra. Gli stimoli maggiori delle contraddizioni, l’ambizione superiore delle strategie di mercato. S’è sentito di nuovo importante. Ha parlato con Benitez. L’ha convinto sul campo. Sassuolo, Parma, Valencia, la ricchezza da nababbo in Qatar: ha rifiutato ogni destinazione. Solo il Napoli. E il San Paolo. Lo stadio che l’ha adottato, esaltato, criticato e che ora si è per lui spaccato. Sempre a metà: i fischi entrando in campo con l’Athletic, gli applausi uscendo orgoglioso, fiero, con la certezza d’aver dato tutto. Con la speranza d’aver ricominciato un’altra storia.
RITORNO. La prima s’è interrotta due anni fa. Un’entrata in tackle duro sui sentimenti della gente. L’addio arrabbiato, il fascino dell’Inter e qualche parola di troppo: forse esasperata, di sicuro che ha ferito i tifosi. Ora il ritorno. Che non è una vendetta e neppure una rivincità. E’ la sfida di Gargano. Con se stesso, con chi aveva e ha avuto dubbi, con chi non lo voleva e ancora fatica ad accettarlo. Storie di calcio e di un mercato che è fatto di stati d’animo, di momenti, di scelte qualche volta affrettate e opportunità inimagginabili. Voci, ipotesi e trattative per mesi. Nomi e titoloni. Poi (anche) lui. Come sognava. Gargano ha messo il Napoli davanti a tutto e tutti. Pure alla nazionale. Era tra i convocati dell’Uruguay per le amichevoli contro Giappone e Corea. Ha rifiutato. E’ rimasto a Castelvolturno ad allenarsi. L’azzurro è più carico del… la Celeste.
L’estate più lunga. Tormenti e riflessioni. Sussurri, contatti e ammiratori. Denari e prospettive diverse. E una decisione da prendere decisa. Definitiva. «Voglio restare a Napoli. Se Benitez crede in me, resto e me la gioco davvero». Un mese e mezzo di corsa, sudore, fatica, palloni recuperati e confessioni agli amici. Si è isolato. Non ha ascoltato nessuno. Né fischi nè cori. Né soprattutto le altre proposte. «Sto bene in azzurro». Il Napoli cercava un centrocampista alto, grosso, fisicamente piazzato, bravo di testa e coi piedi buoni. L’opposto di Gargano. Eppure non si è arreso. Un anno fa, appena arrivato, capì subito che aria tirava: e andò a Parma. Stavolta non ha mollato. «Ci provo. Voglio dare una mano al gruppo. Tengo a questa maglia» . Benitez la sua dolce ossessione. Voleva fargli cambiare idea, almeno insinuargli il dubbio, metterlo in difficoltà, alle strette, costringerlo a pensare. Ce l’ha fatta. De Guzman, David Lopez Silva ma pure lui, il figliol prodigo, Gargano, il doppio titolare in Champions. Tra i migliori al San Paolo, non il peggiore al San Mames. Gargano, di nuovo lui. Con tutti i pregi e quei difettucci soliti che si porta dietro. Limiti tecnici però. Mai caratteriali. Gargano un’anima forte nello spogliatoio. Per vincere servono tutti. Hamsik, il cognato, capitano. Lui, Walter, il soldatino generale. Pronto a combattere con elmetto e divisa azzurra. C’è da vincere anche la perplessità.
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