Un saggio sovrano o principe, che dir si voglia, dovrebbe sapere quando essere virtuosi e quando affidarsi alla fortuna. Dovrebbe capire quando seguire il proprio istinto e quando correggere il tiro; un colpo al cerchio ed uno alla botte per provare a rimediare.
Verona si dimostra ancora una volta un tabù per Mazzarri: da quando siede sulla panchina azzurra il tecnico ha espugnato il “Bentegodi” una sola volta, tre anni fa al primo colpo, quando i gol di Denis e Lavezzi regalarono l’accesso all’Europa al Napoli. Già, quale Napoli? Dove è finita la squadra granitica capace di ribaltare ogni risultato e di regalare vittorie al fotofinish? La sensazione che trapela è quella di una nave senza nocchiero; senza una guida capace di smussare le proprie convinzioni ma che si affida a stravolgimenti tattici dell’ultima mezz’ora. Una guida che pare aver esaurito il proprio carisma. Una squadra che ha più punti dello scorso anno ma che è fuori dalla Coppa Italia e dall’Europa League come due anni fa. “È un periodo passerà, colpa della sfortuna”. La sorte potrà anche non girare a proprio favore, tuttavia è innegabile che si faccia poco o nulla per invitarla a rivedere i propri piani. Nervosi e disattenti, smarriti ed impauriti. “Stiamo crescendo, il nostro progetto è di migliorarsi anno dopo anno”. Sacrosanto, ma una squadra come quella azzurra, ai vertici della A da tre anni, ha l’obbligo morale di provarci; non si può fallire sempre l’esame di maturità.
La crescita, oltre che di squadra, è anche personale; affidarsi alle statistiche è giusto ma è doveroso migliorarsi. La gavetta serve a fare esperienza, serve ad essere virtuosi, serve a parare i colpi della fortuna e ad evitare di cadere sotto i colpi della stessa.
Serviva ripartire, magari dal secondo tempo che aveva imbrigliato la Juventus dove si era inserito un centrocampista in più per un difensore. È prevalsa invece la voglia di riproporre le proprie idee, quasi dogmatiche, e di affrontare il Chievo seguendo i propri schemi. Peccato che i clivensi già nella gara al San Paolo misero in difficoltà gli azzurri con un 5-3-2 volto ad imbrigliare gli esterni azzurri e a spegnere ogni velleità partenopee; allora fu Hamsik a risolvere la gara. Oggi manca la freschezza atletica e soprattutto i cambi. Affrontare una stagione con soli 15 uomini è delittuoso, soprattutto perché si commette lo stesso errore da due anni oramai. Per crescere serve l’umiltà e non la presunzione di sentirsi arrivati: si diventa grandi con le parole oltre che con i fatti. Le dichiarazioni pre e post gara appaiono fortemente contrastanti vista la pochezza in campo, e prendersela con il solo De Sanctis appare riduttivo.
Si diventa grandi quando la Virtù riesce a vincere o limitare i colpi della Fortuna, così si diventa un perfetto principe, pardon… allenatore
Francesco Gambardella
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