Stefano Mauri ha vacillato durante l’interrogatorio del 30 maggio: «C’è un sacco di gente che mi guarda, mi sento osservato» ha esordito. E il gip Guido Salvini: «Si sente osservato? Ha 50mila persone che la domenica la guardano…». Il calciatore: «Ma quello è il mio lavoro». Non è a suo agio e su Lazio-Genoa e Lecce-Lazio «qualcosa di grosso è successo». Il capitano: «Io non me ne sono accorto; a fine primo tempo con il Genoa ero inc…to perché non stavamo vincendo. Alla fine vinciamo e poi leggo tutte queste cose, di tutte queste giocate». E al giudice viene in mente Doni che diceva «io non volevo guadagnare, ma ci tenevo a vincere; se poi qualcuno ci guadagnava a me non interessava». E Mauri: «Dovevamo vincere per la Champions. Ma Doni è Doni, io sono io».
Poi sull’amico Zamperini. «Ero a Miami quando mi hanno avvisato e ho detto è impossibile che abbia fatto una roba del genere. Non ci ho più parlato: veniva fatto anche il mio nome da Gervasoni». A Formentera poi Zamperini presenta a Mauri il titolare dell’agenzia di scommesse Luca Aureli che consegna al capitano il telefono intestato a Samanta Romano. «Me l’ha voluta dare lui per scommettere sul basket». Il gip: «Se le dava una pistola, la prendeva?». Mauri: «L’ho presa, sono stato un ciuccio».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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