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E’ la stagione delle polemiche per la Juve: da Lotito a Thoir, senza dimenticare Mazzarri e Benitez

Una stagione ricca di vittorie, ma anche di polemiche. E’ il destino della Juve, una squadra bianca o nera anche nel seguito: la ami, oppure non la sopporti, sempre in bilico tra passione o antipatia. A volte è il prezzo del successo, a volte il senso d’accerchiamento che suggerisce reazioni double-face – orgogliose per i tifosi, arroganti per gli altri -, a volte è il carattere di Conte, schietto in un mondo di frasi fatte, e a volte la metamorfosi di Marotta, dirigente mite che afferra la clava. Al di là delle radici, delle giustificazioni o delle accuse, la cronaca racconta di una società sola contro tutti, a turno opposta dialetticamente a Lazio e Roma, Napoli e Fiorentina, Inter, Milan e Torino.

CASO SUPERCOPPA – Stagione di polemiche: quelle con il presidente Lotito la precedono. Succede che il patron biancoceleste reclami, per la Supercoppa italiana, l’incasso che avrebbe fruttato la disputa a Pechino, destinazione non sottoscritta dalla Juve. I bianconeri s’appellano al regolamento che non la impone, Lotito parla di impegni disattesi e sbotta: «Pensano di essere la Lega e di comandare loro». La Juve replica che il presidente laziale «si è abbandonato ad affermazioni progressivamente diventate offensive, inaccettabili e spesso contrarie al vero» e ricorda come abbia acquisito «il diritto a disputare la Supercoppa, ma non il diritto ad incassare una somma garantita». E’ l’incipit di un’intricata e lunga battaglia, fatta di ricorsi e non solo di parole, la prima di una lunga serie.
GUFI – Quella con la Roma, ha diversi fermo-immagine: c’è la stoccata di Conte dopo la partita vinta in campionato («Diciamo che un allenatore italiano è stato bravo a prepararla tatticamente. Garcia come me? Vedremo se vincerà come me») e ci sono Totti e Buffon, per altro amici, che in nome delle maglie indossate si punzecchiano. «Qualche aiutino ce l’hanno sempre, c’è poco da fare» dichiara il capitano giallorosso. «Chiacchiere – liquida il bianconero –: servono come alibi a chi non vince». Di ieri, il tweet di Osvaldo che non cita la Roma ma lascia pochi dubbi: «Tutti quelli che non credono in me dovranno poi stare zitti, inclusi i guffi che ci guardano da dietro e da lontano…».
TROMBE – A puntate, come una soap, anche le schermaglie con l’Inter: di stagione, s’intende, altrimenti servirebbe un libro. Prologo nella tournée americana quando Conte, senza nominarlo, ribatte a Mazzarri dopo un commento sugli investimenti bianconeri: «Nella mia gestione non ci sono mai state grandi spese. Chi dice il contrario dovrebbe guardare in casa propria, ma a volte si dà fiato alle trombe per mettere le mani avanti o per giustificare dei fallimenti». L’allenatore bianconero risveglia anche la querelle di Calciopoli, ricordando, in piena polemica con Capello, gli scudetti revocati che la Juve rivendica, nel frattempo il presidente Agnelli fa discutere (suo malgrado: l’intenzione è un sorriso alla Prisco) riciclando una battuta in circolazione sui social network che, dopo l’arrivo di Thohir, parla di «scudetto di Giacartone» e le due società s’accapigliano per lo scambio sfumato tra Vucinic e Guarin: «E’ la prima volta, in oltre trent’anni di calcio, che mi trovo ad assistere a una situazione così incresciosa. C’è stata mancanza di serietà» denunica Marotta. «Non accetto critiche – risponde Thohir –: l’Inter è stata sempre leale e le trattative devono essere private». L’ultimo mattoncino lo posa John Elkann, rispondendo a un bambino che chiede perché l’Inter non vinca: «Non lo so, ma mi auguro continui a perdere».
PRANZO – Con il Milan, dopo anni di scintille, i toni s’abbassano, anche se c’è spazio per il caso Tevez («Carlitos non mi tradirà» l’illusione di Galliani in pieno mercato) e una querelle sullo sponsor: quando la Juve annuncia l’Adidas, i rossoneri ci tengono a far sapere di ricavare di più, immediatamente sfidati a pubblicare le cifre. Durissimi gli scontri con la Fiorentina, in realtà più imprenditoriali che calcistici con pesanti battute tra Diego Della Valle ed Elkann. Il pallone c’entra quando la Juve, dopo la vittoria in campionato, scherza via Twitter sulla bontà della Fiorentina a pranzo – cinguettio non velenoso, però inopportuno -, ad ogni modo segue il pranzo della pace tra Agnelli e Andrea Della Valle in occasione della partita d’Europa League a Firenze.
MATEMATICA – E il Napoli? Un elenco infinito. Benitez spiega che Conte «è troppo intelligente per non sapere d’essere favorito», Conte ribatte che Benitez «se non vincerà lo scudetto, non avrà fatto niente», seguono – un girone dopo – le battute sui fatturati, le parole di Marotta a Lione, la reazione azzurra. E il derby? Lamentele del Toro sugli errori arbitrali e, dopo l’andata, post di Tevez che mostra la caviglia ferita da Immobile («Dicono che noi vinciamo perché aiutati, ma chi stava per rompere la caviglia è stato solo ammonito») e gocce d’ironia via internet: «Conte era più bravo in italiano che in matematica» scrivono i granata dopo un’analisi del tecnico smentita, a loro giudizio, dalle statistiche. «In effetti non siamo forti in matematica – la replica – ma fino a 0, come i tiri nello specchio del Torino, ci arriviamo».
Fonte: Corriere dello Sport
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