La scadenza è giugno 2017. Di fatto, anche ‘18. Ci fu una stretta di mano quel giorno, e fu come un altro rinnovo. Intenzioni chiare, reciproche. Ed evidenti erano anche le cifre sul contratto: circa un milione e mezzo a scalare. Con l’idea però di rivedersi un giorno. Magari presto. Per un aggiustamento, un aumento, un ritocco che adesso potrebbe essere considerato una gratificazione mondiale. L’aspetta Lorenzo Insigne. E il Napoli non si è rifiutato. Non c’è stata tuttavia ancora l’occasione, la possibilità di vedersi. Un approccio c’è stato prima del ritiro in Trentino. Qualche chiacchiera e via all’attesa, diventata un po’ più lunga e sembra anche ansiosa. Insigne attende un cenno, un gesto, un’ulteriore carineria. Svezzato, cresciuto e diventato grande in casa, adesso che è nazionale, è da mondiale, ritiene di meritare un ingaggio un po’ più alto. Gradirebbe per intenderci un segnale ulteriore di fiducia. Quella comunque già evidente. Forte e anche pratica: la società l’ha blindato a ogni sussurro di mercato. Però tutto fa l’eco e rimbomba. Insigne contento a metà. L’azzurro della maglia, l’affetto della gente, la stima di Benitez e la percezione d’essere importante per il club. «Sarai il Totti napoletano». Eppure vorrebbe qualcosa in più: una sistematina allo stipendio. Niente broncio, per carità. Neppure discorsi fuori luogo. A Dimaro, sul palco, neanche una parola, e paradossalmente è per questo che ne è poi nato un caso. Il nervosimo era occasionale, di serata e basta. «Ero solo triste per la morte di Ciro Esposito, non ero dell’umore giusto». Storia chiusa, allora. Subito rientrata. Resta adesso quella dell’ingaggio. L’appuntamento è stato richiesto. Cercasi un buco in agenda tra le priorità del mercato.
Fonte: Corriere dello Sport
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