Dze-mai-li: tre sillabe, tre gol. Notte magica, Torino nel destino, un pizzico di amarezza perché contro c’era Urbano Cairo, il presidente che non dimenticherà mai, e poi il primo pallone nella borsa che significa Hat-trick, la tripletta da archiviare nella memoria e l’attrezzo da esibire in bacheca in stile inglese. Sì, sabato dall’Italia Blerim Dzemaili ha portato un pallone e tanta gioia in dote a Zurigo: una Pasqua strabiliante, quella trascorsa in famiglia, un po’ a casa e po’ allo stadio, a tifare per l’amico Kasami. Ma questa è un’altra storia. Il capitolo più interessante è un altro: la caparbietà e il carattere, il lavoro e il sacrificio, prima o poi pagano. E magari ti fanno anche schizzare nell’elenco dei titolarissimi.
LA PRIMA VOLTA – E allora, che notte quella notte dell’Olimpico. Granate sui granata. Bombe di cuoio che hanno fatto saltare gli schemi e alla fine anche i propositi di Blerim: lui, portato in Italia proprio dal Toro di Cairo nel 2008 dopo un brutto infortunio rimediato in Premier con il Bolton, ha rispettato il popolo che lo ha apprezzato anni fa non celebrando dopo il primo e anche dopo il secondo gol, ma alla terza firma proprio non ce l’ha fatta. E ha esultato: giustamente, più che giustamente per uno che in carriera non aveva assaporato mai neanche l’ebbrezza di una doppietta, e che in una partita sola ha collezionato i gol che finora era riuscito a segnare in un intero campionato (a Zurigo, due volte, e in azzurro nella stagione precedente).
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