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Dzemaili: “Napoli città magica, se non ci vivi non puoi capirla: li la mia umiltà è stata ripagata!”

Il centrocampista elvetico Blerim Dzemaili ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano svizzero Derbund.ch. Ecco quanto tradotto dalla redazione di IamNaples.it:

Sei felice  inNazionale?

Moltissimo. Mi sento bene ogni volta che vengo convocato. Con questa squadra ci divertiamo dentro e fuori dal campo, ma ognuno  sa quando è il momento di fare sul serio.

Cos’è che ti da la Nazionale?

E’ la mia occasione per ricambiare: non sono al cento per cento svizzero, però questo Paese mi ha dato tanto. Ho avuto  la possibilità di diventare un calciatore e di condurre una buona vita. Cosa che difficilmente sarebbe stata possibile in Macedonia.

Hai sempre avuto le idee chiare sulla Nazionale per la quale giocare?
Sì, certamente. Anche perché non ho mai avuto richieste dalla Macedonia.

Se così non fosse, avresti avuto una ‘crisi di coscienza’ ?
Non credo. In primo luogo, e dico sul serio, perché in questo modo posso fare qualcosa per ringraziare la Svizzera. E poi perché voglio vincere qualcosa nella mia carriera. Con la Svizzera ho sicuramente più possibilità di qualificarmi per una finale. Vedo un grande potenziale nel nostro calcio e credo che possiamo aspettarci di più per il futuro.

Ma probabilmente non tanto da poter diventare campioni del mondo.
Con il Brasile non avevamo nulla da perdere, dovevamo solo giocarcela, mentre in gare come quelle con l’Islanda abbiamo tantissimo da perdere. La qualificazione non è ancora sicura come molti immaginano. Dobbiamo restare umili, anche se abbiamo dei calciatori di livelli.

Lo vedono quasi come un dovere.
Con la qualità della nostra squadra, dobbiamo essere primi. Abbiamo giocatori con ruoli importanti nei top club europei.

Cos’hai dato tu alla Nazionale?
Fino ad ora poco, non quello che volevo.

Perché no?
Da quando Ottmar Hitzfeld ha preso la guida della Nazionale io ho perso il posto da titolare, perché avevo subito una lesione del legamento crociato.

Dopo cinque anni, è ancora un problema?
Se la squadra si rafforza e ottimizza le prestazioni, è difficile poi rientrare. Nel mio club ho giocato regolarmente. In Nazionale, però, mi sentivo come fossi costantemente alla caccia di un treno.

Non avevi mai giocato come contro il Brasile
In Nazionale spesso non gioco più di 45 minuti. Una prestazione come quella col Brasile non l’avevo mai fatta,  la considero come vera prima occasione di mettermi in gioco.

A centrocampo c’è tanta concorrenza
In questa zona del campo abbiamo un ‘problema’ di lusso. Anche  Pirmin Schwegler avrebbe meritato di giocare, chi ha voglia di restare in panchina?

E’ frustrato dal fatto di doversi sempre mettere in fila dietro di Inler e Behrami?
Sì, spesso lo sono stato, ma sono riuscito a superare la delusione grazie al riconoscimento che ho avuto nel mio club. Mi ha aiutato. Cosa dovrei fare? L’unica soluzione sarebbe quella di restare a casa, ma non ho mai fatto un discorso del genere, perché alla fine sono riuscito a giocare con ogni allenatore. Continuo a combattere con lo stesso atteggiamento per guadagnarmi il mio posto in Nazionale.

Hai mai davvero pensato di dare le ‘dimissioni’ dalla Nazionale?
Il giorno prima della partita in casa contro il Cipro, quando ho saputo che non avrei giocato ero molto arrabbiato. Ho chiamato il mio agente e lui mi ha solo detto: “Vuoi essere un perdente?” Questa frase mi ha stimolato. Ero incazzato, ma non mi sarebbe mai venuto in mente di lasciare.

Da dove viene il tuo spirito combattivo?
Questo probabilmente ha a che fare con la mia storia personale. Ho subito un infortunio al legamento crociato prima dei Mondiali 2010 che mi ha fatto perdere il torneo in Sudafrica. Dovevo alzarmi di nuovo e c’è stato bisogno di tanta forza di volontà. Sono sempre stato un vincitore-tipo. Non riesco nemmeno a perdere una partita in allenamento. Gli infortuni sono come una sconfitta, ma io non mi arrendo. So di cosa sono capace.

Ha a che fare con l’orgoglio?
Certo. Nella mia carriera tutto è andato molto velocemente, in Svizzera si parlava molto di me fin da quando avevo venti anni e tutto è cambiato in un attimo a causa dell’infortunio. Non è stato semplice rialzarsi per uno che come me aveva sperimentato solo elogi e giorni di gloria.

Il tuo percorso ti ha portato a Napoli. Lì la sua vita privata…
… Non esiste (ride) .

Cioè?
Spesso vorrei starmene tranquillamente seduto in un bar, ma a Napoli puoi dimenticartelo. Sarei riconosciuto da tutti e comincerebbero a farmi domande del tipo “Perché giocate in questo modo e non con un altro sistema? Perché uno fa questo e un altro non lo fa?”. A Napoli ogni tifoso è anche allenatore. Anche se questo può essere un aspetto difficile, allo stesso tempo è anche il lato bello della città. Per un calciatore giocare a Napoli è qualcosa di unico, con queste emozioni, questa passione e quest’atmosfera nello stadio… Incredibile! Posso raccontarvelo, ma probabilmente per capirlo davvero, dovreste vivere a Napoli.

Al Napoli, un po’ come con la Nazionale, affronti una concorrenza a tre con Inler e Behrami.

Giochiamo tutti e tre. In Nazionale fino ad ora le gerarchie sono chiare: prima vengono Inler e Behrami, e poi dietro ci sono io. Al Napoli siamo tutti sullo stesso livello.

Come descriveresti il tuo rapporto con loro?
Nella vita privata abbiamo poco a che fare uno con l’altro, non siamo i tipi che passano notte e giorno insieme. La concorrenza è concorrenza, ma certo non ci ostacoliamo tra di noi.

Stando alle tue parole, non sei uno che pensa notte e giorno al calcio
Assolutamente no. In questo senso sono cambiato molto negli ultimi anni. Non seguo molto il calcio in tv. Se sono in vacanza, praticamente non guardo mai la televisione.

Come trascorri il tuo tempo libero?
Con la lettura, con Internet, con i colleghi. Ho limitato il mio interesse per calcio, le priorità si sono spostate. Non corro a casa se so che stanno per trasmettere Real Madrid-Barcellona. Quando avevo 18 anni il calcio era il mio primo pensiero, oggi non è più così.

Conduci una vita privilegiata in una città con grandi disuguaglianze sociali. Tu stesso sei cresciuto in condizione modeste. Le tue origini ti aiutano a non perdere la testa?
Si, questo aiuta. Io guadagno bene, ma prima di spendere un franco, penso se ha senso. Se un paio di scarpe è bello, ma costoso, non lo compro. Sono cresciuto così, ma questo non vuol dire che non mi tratto. Ho comprato una macchina per la prima volta dopo 27 anni.

… dopo tutto, una Ferrari.
Sì, ma prima di questo ho sempre guidato auto che gli sponsor mettono a disposizione del club.

Sarebbe uno spreco di soldi, i genitori hanno paura delle critiche?
Assolutamente no. La mia salute è la cosa più importante.

La redazione
F.G.

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