La notte è fatta per segnare: e in quel tre x due che infiamma Napoli e la manda in estasi, c’è l’essenza d’una favola per grandi (Cavani) e «piccini» (Dzemaili), c’è la gloria bipartisan che arride alle star e ad una classe (teoricamente) operaia destinata al Paradiso. Ladies & gentlemen, è qui la festa, negli occhi da tigre d’un matador cortese, un gentiluomo senza macchia e senza paura, ventidue reti in campionato, trentuno stagionali, novantasette «napoletani», uno in più di Careca e per ora quanti ne fece Altafini: la storia è ormai leggenda e restano ancora un bel po’ di capitoli da scrivere, perché mentre intorno ci sono le lacrime di felicità di quell’onda anomala di fans approdata all’Olimpico che raccoglie i baci del proprio eroe, l’immagine cult è nel bomber che stringe a sé la maglia e la mostra come un cimelio, come un trofeo o, se volete, come la propria carta d’identità, il senso d’appartenenza.
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