Ops: e dal cilindro, minuto trentasei della ripresa, un colpo di tacco per conferire (ulteriore) eleganza alla serata. Napoli 2, Atalanta 0: ma quel ch’emerge al novantaquattresimo, quando la resistenza dell’Atalanta è stata abbattuta, è la capacità di soffrire d’una squadra nata per affascinare. Con colpi di tacco in stile Dzemaili, con slanci in testa alla classifica che illuminano il san Paolo.
E’ cominciato il ciclo pesante, Dzemaili, e l’Atalanta ha offerto resistenza maggiore: ora si fa sempre più dura.
«Sapevamo che avremmo dovuto affrontare una gara difficile, contro un’avversaria organizzata. Però stavolta, a differenza del passato, ci siamo imposti esibendo la pazienza della grande squadra, quello che è mancato nella passata stagione».
Un’ora e passa a sbattere contro un muro.
«A giocare contro una antagonista che portava anche dieci uomini dietro la linea del pallone. Gli spazi si chiudevano in fretta e poi dovevamo stare attenti, perché loro erano pronti a ripartire. Che il campionato di serie A fosse complicato ci è noto e questa ne è stata la conferma. Ma abbiamo tenuto mentalmente, siamo stati bravi nell’aspettare: è così che si fa».
Le vittorie sono di conforto alla classifica.
«Ma io non la guardo. E’ vero che stare al primo posto dà soddisfazione, ma siamo alla terza e noi preferiamo vivere alla giornata, analizzare ciò che facciamo di partita in partita. Non è il momento di sbilanciarsi».
Le vittorie sono di sostegno pure all’autostima.
«E questo è un aspetto che invece va sottolineato: abbiamo avuto conferma della nostra solidità psicologica, perché altri con l’Atalanta si sarebbero arresi. Invece questo Napoli gioca un grande calcio e stavolta mi sto divertendo sul serio. E’ un piacere».
Si potrebbe anche obiettare: però c’è voluto Higuain.
«Ci ha sbloccato lui, indiscutibilmente. Con un colpo dei suoi. Però va anche aggiunto, per onestà, che si è giocato ad una sola porta, che abbiamo attaccato in massa ed in continuazione. L’aspetto più significativo, secondo me, è nella mentalità: eravamo sicuri che prima o poi avremmo segnato; sentivamo di avere nelle gambe il gol».
E adesso il Borussia Dortmund…
«Altra partita chiaramente complessa: direi molto di più, per lo spessore dei vicecampioni d’Europa, per la loro meravigliosa organizzazione. Ed allora, in condizioni del genere, con difficoltà crescenti, la differenza la può fare il San Paolo. Sappiamo di avere un pubblico meraviglioso. Il girone è difficile, possiamo arrivare primi o quarti».
A proposito, che effetto fa scendere in campo e conoscere il risultato di Inter-Juventus.
«Voi non ci crederete, ma io non sapevo assolutamente come fosse finita la sfida di san Siro. E penso che non lo conoscessero neanche i miei compagni. Pensiamo alle nostre partite, avevamo l’Atalanta da domare ed era scritto: sarebbe stata una faticaccia».
Il campo ha premiato cosa?
«La nostra perseveranza. Direi anche la padronanza delle situazioni complicate. Quando si vince, poi si rimuovo taluni momenti della gara. E invece sia nel primo tempo che nel secondo ci siamo dovuto inventare soluzioni offensive, perché avevamo di fronte una squadra che si chiudeva benissimo. Abbiamo provato in vari modi, dalla distanza o magari provando ad entrare con il palleggio. E’ in quei frangenti ch’è venuta fuori la nostra nuova dimensione: una grande sa come sbrigarsela, in situazioni del genere. Sapendo cogliere il momento propizio».
Fonte: Il Corriere dello Sport
La Redazione
M.V.
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