Il Napoli martedì sfiderà l’Eintracht Francoforte nell’andata degli ottavi di finale di Champions League. Il club tedesco si è contraddistinto negli ultimi anni per gli ottimi risultati raggiunti sul campo, insieme a una politica societaria fatta di campioncini cresciuti in casa e poi rivenduti a peso d’oro. Di questo e anche di Atalanta, del paragone tra Rasmus Hojlund ed Erling Haaland, si parla oggi con il giornalista di Tuttosport e BergamoNews.it, Giorgio Dusi, che ha concesso un’intervista esclusiva a SerieANews.com.
Il modello dell’Eintracht: vendere e ricostruire, sempre restando competitivi.
“Più che un modello, quello di vendere è una necessità. Nel senso che i giocatori che arrivano a Francoforte, magari vengono da esperienze pregresse negative, come André Silva, che poi ha fatto molto bene, piuttosto che giocatori che vengono da campionati in cui non girano molti soldi. Come Haller o Jovic, arrivati abbastanza giovani e poi sono andati via raggiungendo una dimensione di carriera importante. L’Eintracht vende perché i giocatori a Francoforte giocano bene, hanno richieste d’ingaggio più alte e non possono trattenerli. Ma quando riescono, se li tengono volentieri. Faccio l’esempio di Trapp, che ha appena rinnovato. Penso che sia uno dei migliori portieri in circolazione, ha vinto l’Europa League, è in grande crescita e ha fatto molto bene nel corso della sua carriera. A Francoforte sono molto bravi a sviluppare il talento. E chiaramente quando si sviluppa, non si hanno i fondi per tenere i giocatori e quindi li vendi. Quest’estate, comunque, perderanno Ndicka e Kamada a zero, non sono i migliori della rosa, anche se rientrano tra i 7-8 più importanti, questo sì. Diciamo che se avessero potuto evitare di dirgli addio, lo avrebbero fatto. Vendere è una necessità, perché alla fine parliamo di un club che deve anche avere i conti in ordine, insieme al tetto ingaggi”.
Si autofinanzia.
“Sì, è così più o meno in tutta la Germania. Sono pochi i club che riescono a trattenere i giocatori. Il Bayer Leverkusen terrebbe volentieri Diaby per un’altra decina d’anni. Ma se lui arriva con una richiesta di un aumento di stipendio, da 4 milioni netti a 8 milioni, diventa insostenibile”.
Qual è il giocatore più pericoloso dell’Eintracht? Quello che il Napoli dovrebbe temere.
“La risposta più ovvia è Kolo Muani. Adesso che lo stanno conoscendo tutti, sta diventando un giocatore di caratura internazionale. Al Mondiale e non solo ha fatto benissimo. Io invece te ne faccio un altro di nome, di cui si parla molto poco che è Jesper Lindstrom, il giocatore più creativo. Lo presero due anni fa dal Brondby, io lo conoscevo e s’intravedevano già dalle amichevoli dei pezzi di tecnica straordinari. Era un giocatore che con uno schiocco di dita ti faceva succedere le cose, quelli che ti entusiasmano. Ha il dribbling facile, il piede veloce, rapidità”.
Lindstrom è uno di quelli che fanno divertire i tifosi.
“Esattamente, infatti è un pezzo pregiato della rosa. Anche di lui si parla un po’ poco perché forse non ha grossissimi numeri a livello di gol e assist. Però se guardi i gol che fa, sono tutti bellissimi (ride, ndr). Questo depone in suo favore. Secondo me sono loro due quelli più pericolosi in termini di finalizzazione. Se però il Napoli vuole riuscire a fermare l’attacco dell’Eintracht, deve fermare il cervello che è Mario Gotze. E’ quello che con un tocco, una sponda, un movimento, è talmente più avanti degli altri come testa, come percezione del calcio, che sostanzialmente quando la palla passa nella sua zona, c’è già una situazione di pericolo. Perché accelera il gioco, crea, è un giocatore totale. Nemmeno lui ha grossi numeri, se guardi le statistiche non lo risaltano. La statistica che più esalta Gotze è quella dei km percorsi in partita. E’ tra i giocatori che corre di più in tutta la Bundesliga. Fisicamente non è più il giocatore che dava tante incertezze, non dava garanzie. E’ diventato un giocatore affidabile, tecnicamente non lo scopriamo oggi. E’ rinato fisicamente, a livello tecnico non ci sono mai stati grossi dubbi. Quella è la chiave”.
I tifosi dell’Eintracht sono qualcosa di magico: 35 mila persone in trasferta a Barcellona, c’è anche una enorme raffigurazione di Che Guevara nella parte del gruppo più caldo. E’ un inferno giocare a Francoforte?
“Loro in casa sono spettacolari, perché poi se vai a vedere la storia recente del club, non è che hanno avuto grandissime frequentazioni con le coppe europee. Da quando ci sono tornati stabilmente, più o meno dal 2018 quando vinsero la DFB Pokal, sono rientrati insomma nel giro, hanno sentito questa cosa dell’Europa. Lo ‘slogan’, chiamiamolo così, dei tifosi dell’Eintracht è “Im herten von Europa”, ovvero “Nel cuore dell’Europa”. Una doppia metafora, perché chiaramente indica la posizione della città, che si trova al centro dell’Europa, è il centro finanziario principale, e anche perché è una squadra che va in Europa con il cuore. Una metafora che fa capire la passione dei tifosi che c’è dietro. Si può leggere molto nel sentimento d’appartenenza che c’è a Francoforte. C’era anche un’altra squadra qualche anno fa, l’FSV, era in Zweite e oggi è finita nelle serie minori. Forse l’Eintracht non è ancora grande quanto la città, anche se andando a vedere la storia ha vinto coppe, il campionato, ha una finale di Coppa dei Campioni giocata contro il Real Madrid. Infatti questa sarà la prima volta in Champions dopo 62 anni. E’ una nobile, non è una squadra che non ha tradizione. Non ha mai avuto, però, continuità nella tradizione a così alti livelli e l’entusiasmo è aumentato”.
Nico Bastone per SerieANews.com
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