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Durante la presentazione un coro unanime: “Vogliamo la Supercoppa!”

Ma dov’eravate rimasti? Scende la pioggia ma che fa… cento, cinquecento, mille e poi tremila, un’onda anomala travolgente e volti segnati dall’emozione mentre intorno è Napoli ed è ancora il 20 maggio, è un brivido che percorre la schiena, con le immagini che scivolano via nel delirio e che rappresentano il collante tra il passato ed il futuro: « La Supercoppa….Vogliamo la Supercoppa ». La notte è fatta per sognare e in quella Dimaro trasformato in un principato partenopeo, l’eco della felicità si sparge nella Valle del Sole, va al di là degli scrosci d’acqua, secchiate gelide che non spengono l’euforia, né riescono a placarla: è qui la festa, nei sorrisi sgargianti d’una folla da stadio che ha trasformato un ritiro in un perenne happening, con i tremila posti letto degli alberghi esauriti e fantasie che cavalcano le ombre delle tenebre e si spingono oltre: « La Supercoppa…Vogliamo la Supercoppa… ». Juventus-Napoli è la madre ed il padre di tutte le partite, ma lo show della presentazione della squadra che va in onda nella Dimaro tappezzata d’azzurro per scoprire il vecchio-nuovo Napoli pare avere (già) gli occhi a mandorla, che si specchiano (per ora) nella Coppa Italia accarezzata teneramente da un Mazzarri elevato a star da un applausometro che rischia il tilt: « Il trionfo di Roma resta indimenticabile: è un premio per tutti noi, nessun escluso: la società, gli uomini dello staff, Bigon, i calciatori, i collaboratori ».

L’ACQUAZZONE -Tuoni e fulmini: e chi se ne importa? Perché per quei tremila che se ne stanno in piazza Madonna della Pace, arrivati da ogni dove per starsene con gli idoli di questo Terzo Millennio ribaltato in otto anni con exploit a ripetizione, gli eroi vanno salutati (e acclamati) uno per uno, in una standing ovation che parte con Cannavaro (« vogliamo continuare a vincere »), prosegue con Aronica (« ci stiamo divertendo così tanto che vale la pena di insistere: il ferro va battuto quando è caldo») e assorbe pure l’incontestabile sincerità a cui fa ricorso Riccardo Bigon quando i top player vengono lasciati aleggiare intorno al palco: « Abbiamo una squadra vincente, con uomini e professionisti seri: e certe parole, a volte, servono per riempirsi la bocca ».
«MAREK» INLERCà nisciun è fesso »: pure se quel muro umano è costretto a ballare sotto la pioggia, lasciandosi dilettare da un turco-napoletano (e di passaporto svizzero) che ha capito in fretta come infiammare i suoi fans, stupiti dalla intraprendenza di Gokhan Inler e dalla sua promessa inaspettata: « Sto pensando di farmi crescere la cresta come Hamsik ». Che sulla sua sta lavorando, ripensando a Pechino però anche all’Olimpico e a quel rasoiata che mise la ceralacca sulla finale e che stavolta spinge i tremila a farlo saltellare sulle note di « chi non salta juventino è: «Quando ho segnato il 2-0, non avevo più forza nelle gambe. Vogliamo la Supercoppa. Sono felice per ciò che abbiamo fatto nella passata stagione e sono felice di essere qui, perché voglio bene a voi tifosi ».
CHE SPETTACOLO -E’ un’ora abbondante di passione viva, impermeabile a qualsiasi temporale, di promesse convinte, è un’ ora in cui c’è un pensierino per chiunque, doveroso, per Pandev « entusiasta d’essere qui » e di Insigne « che insegue un gol alla Juventus », del terzo portiere Colombo che ha chiamato « Vittoria la mia bambina » arrivata dopo il successo di Roma, d’invocazioni a distanza per Aurelio De Laurentiis, prossimo al decollo per starsene un po’ con i suoi « surdat nnammuratI », la colonna sonora errante ed immancabile d’ una Napoli che muore dalla voglia e lo racconta pure al sindaco di Dimaro, Romedio Menghini….« Vinceremo il tricolor… ». Dov’ erano rimasti? Dove vogliono arrivare…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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