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Due innesti dalla Liga per il Napoli di Benitez: Mario Suarez dell’Atletico Madrid e Musacchio del Villareal

Il regista dell’Atletico piace, ma Gonalons resta favorito E si cerca un difensore di qualità: Musacchio o Fazio

DIFENSORE – Arieccolo, verrebbe da dire: perché un anno dopo riemergono dagli scaffali i taccuini del passato e rispunta il nome di Mateo Musacchio, che è ancora un «fanciullo» (24 ad agosto), che s’è ripreso la Liga con il Villarreal e sta facendo bene, che ha piedi ed un fisico da dormire tra due guanciali e pure una sua personalità. Il Napoli non ha mai smesso di scrutarne i miglioramenti, né di valutarne gli eventuali margini, e la ricerca d’un difensorte autorevole, di stazza, presente sempre (psicologicamente) è la condizione imprescindibile per ripartire all’assalto dei sogni. Ma gli argentini in Spagna si ambientano in fretta e Federico Fazio (27 appena compiuti) è una sorta di Gulliver da cui conviene stare lontano: il suo metro e novanta è al servizio del Siviglia, la sua struttura fisica è rassicurante e le relazioni incoraggianti. Siamo al gradimento, non certo alle trattative.
REGISTA – Lo spagnolo autentico è Mario Suarez, che già nell’estate scorsa è stato avvicinato al Napoli, che è stato rilanciato da As come probabile interprete del 4-2-3-1 in funzione mediano-pensatore: guai cancellare dall’agenda un regista del genere, un centrocampista con la testa piena di idee; però là in mezzo, conviene rievocare, ha la priorità (per il momento) Maxime Gonalons (25) che resta la bandiera del Lione ma anche la priorità, che è stato studiato da vicinissimo da Bigon, spostatosi a Lione proprio la settimana scorsa per andare a cogliere i dettagli tecnici d’un play maker nel quale Benitez crede.
GIOVENTU’ – Il mercato è ampio, obbligatoriamente, va affrontato pensando ad acquisti a presa rapida ma anche ad interventi in prospettiva: Kalidou Koulibaly è un ragazzo (23) che ha un futuro davanti a sé, francese di stanza al Genk, sul quale il Napoli s’è lanciato in tempi non sospetti e dal quale non s’è mai seriamente staccato. Il tempo dirà cosa sarà possibile farlo, se e come intervenire, però pure lui ha un ruolo di assoluto privilegio sui taccuini degli 007 che Bigon ha spedito in giro per l’Europa.
VERIFICA – Ultimo ma non ultimo, verebbe da dire, c’è Edu Vargas: è costato undici milioni, ha girovagato per un po’ ed a Valencia sembra abbia trovato la sua dimensione ed un equilibrio che l’ha fatto apprezzare. Prim’ancora che si ritengano chiuse le porte del San Paolo, per lui, val la pena stargli addosso: e infatti, non a caso, è la Spagna la meta del Napoli. Musacchio, Fazio e poi Suarez: il mondo è piccolo.
MARIO SUAREZ, IL RETROSCENA –  Cavani era ancora Cavani: el matador, che brillava di suo; sessantaquattro milioni (in quel momento virtuali) e la certezza garantita di doverlo cedere. E il futuro un’incognita a cielo aperto: sono le storie del mercato, che restano congelate nel sottoscala, poi all’improvviso energono, come cimeli della memoria di chi nelle stanze dei bottoni ha tenuto un segreto. Cavani era tanto Napoli, perché centoquattro reti in tre anni rappresentano una miniera e pure gratitudine che non va dileggiata: però bisogna cominciava a orientarsi, a capire e la prima mossa – quella sì resa pubblica, ma strumentalmente, da De Laurentiis, condusse ad Edin Dzeko. Gli specchietti per le allodole dell’estate, le mosse per depistare: perché nell’elenco che Benitez consegnò a De Laurentiis e a Bigon, se ne può esser sicuri, campeggiavano due nomi, due soltanto, appartenenti all’extra lusso. I top player, chiamateli come vi pare: alla pari, non un filino avanti l’uno, non un passettino indietro l’altro; sforzi non comuni (economicamente) come il loro talento, perché per aiutare (ed aiutarsi a dimenticare) Cavani, potevano starci – tra coloro disponibili, eventualmente – Gonzalo Higuain e Luis Alberto Suarez, el pipita ed el pistolero, uno ormai alla ricerca di nuove sensazioni lontano dal Real Madrid e quell’altro precipitato in crisi con il Liverpool. Insomma, due fenomeni, separati anagraficamente da undici mesi (ma cosa volete che siano), entrambi accomunati da una fama – e da una fame – ch’è stata poi dimostrata bulimica, perché sono due incontentabili. Pronti, via: non ci fu altro bomber al di fuori di loro, anzi di Higuain, perché quando Cavani smise d’essere il principe azzurro, e volò verso Parigi, stavolta lasciando in eredità quel pacco di milioni di euro, fu immediato il ricorso a Higuain, trattativa lampo. E Suarez restò un’idea.
MARIO SUAREZ, IL PERSONAGGIO –  Nomen omen: perché se graffiate sulla memoria, o vi lasciate guidare da chi l’ha visto dal vivo, «essere» Suarez (meglio ancora Luis, detto Luisito), fa assai chic. Luisito Suarez Miramontes, pallone d’oro, piedini di seta, un genio calcistico approdato in Italia agli inizi degli anni ’60: devono avere una inclinazione particolare gli spagnoli che si chiamano così, devono sentire il richiamo del comando. Però il Suarez moderno, va detto senza mancargli di rispetto, è assai distante da quegli standard: ma pure lui ama stare nel mezzo e, se proprio va cercato un difetto colossale, gli si può solo rimproverare d’essere nato contemporaneamente a quell’esercito di fenomeni che hanno dato vita al tiki-taka, che hanno spopolato da Xavi o da Iniesta. Perché Mario Suarez, poverino, ha dovuto arrangiarsi alle spalle di quei colossi e pure di Xabi Alonso, altrimenti in Nazionale gli sarebbe andata meglio; non gli è andata maluccio con l’Atletico, con il quale se la sta spassando tra Liga e Champions League. S’è dovuto fermare per un bel po’, tra dicembre e gennaio, ci ha rimesso qualcosa come un mesetto complessivo, ha perso il ritmo ed anche il posto, viaggia su un numero limitato di presenze (16 in campionato, tre in Champions, una in coppa del Rey e due in Supercoppa), ha un minutaggio però rilevante (1271 che fanno una media di una ottantina a partita) e comunque la stima di Simeone. Particolare curioso e però non assolutamente rilevante: Suarez viene amministrato da Manuel Garcia Quilon, che sarebbe lo stesso manager di Benitez. Contratto in scadenza nel 2017 ed esperienze sempre in patria: prima dell’Atletico Madrid (dove ha cominciato), quattro anni in giro tra il Real Valladolid, il Celta Vigo e il Maiorca. Ha poco meno di duecento partite da professionista alle spalle.

 Fonte: Corriere dello Sport
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