Per allungare il campo, per allargarlo, magari anche per restringerne le linee; e poi per dare ampiezza all’organico, avvicinare quanto più la panchina alla partita e farla sentire viva, c’è un turn-over per amico. E, dal mucchio, riecco spuntare Dries Mertens, l’ala per volare, la ventata di freschezza che serve per respirare e anche per rifiatare chi ha (già) dato. Rafa Benitez s’è costruito una squadra a propria immagine e somiglianza, lasciandosi guidare dal sistema che attualmente (e maggiormente) lo intriga, ed ha inserito in organico ciò che (in teoria) potesse essere maggiormente compatibile. Per sviluppare il proprio modulo, mancavano «personaggi» di discreto profilo tecnico & atletico capaci di starsene tra le linee – non i cursori classici, tanta fatica ed esecuzioni mandate a memoria, dunque mediani di fascia o fludificanti travestiti da esterni – dunque quelli che il calcio d’una volta catalogava come ali. La presenza di Insigne ha ristretto la ricerca a due elementi, Callejon e Mertens, uomini di bella gamba, di scatto, di generosità e soprattutto d’elasticità, ciò che serve ad una squadra per riuscire a trovare in se stessa e nel corso della partita, gli equilibri necessari per non deformare il proprio l’assetto. L’avvio spumeggiante di Callejon (tre reti in altrettante partite) e la capacità di sdoppiarsi di Insigne (mica solo il gol al Borussia Dortmund, mica solo l’assist ad Higuain a Verona, ma anche la copertura degli spazi per assecondare la manovra quando a far gioco sono gli avversari) hanno gerarchicamente sottratto al belga un po’ di spazio, avvolgendolo nella penombra. Ma la stagione è lunga, l’acido lattico rischia di travolgere chi s’è speso e poi basta saper aspettare: Mertens è tonico, solido, atleticamente brillante e geneticamente conciliabile con il 4-2-3-1 di Benitez, l’effetto speciale del primo bimestre che all’Emirates ha ritrovato granelli di sabbia nel proprio meccanismo. Per restituire «spudoratezza» alla propria creatura, per tonificarla, per assecodarne tanto una fase quanto l’altra, con equa attenzione. Mertens ha nelle corde la propensione ad offendere, l’allungo letale (per le difese avversarie), la capacità di concedere superiorità numerica e imprimere vastità; poi, sa andare a riallineare il centrocampo, offrendosi per l’assistenza ai due centrali e per l’interdizione di competenza. Il Napoli di Londra ha esibito un lieve affaticamento sia su un alto che sull’altro: dazio fisiologico, per chi è costretto a percorrere la fascia in (quasi) tutta la sua lunghezza. Ma soprattutto Mertens ha la chanches di sottolineare che la forbice tra (presunti) titolari e (presumibili) riserve s’è azzerato.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
L.D.M.
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