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Dov’è finito il Napoli di Mazzarri? Ritrovare la serenità è la chiave del riscatto

L'arrendevolezza di un tecnico che ha smesso d'osare non appartiene all'immagine che ha saputo meritarsi Mazzarri

La sconfitta con l’Atalanta, oltre ad aver sancito l’esclusione quasi matematica dalla corsa al terzo posto, ha il gusto amaro della fine della corsa: il termine di un ciclo. Le ragioni di un’affermazione tanto grave non sono solo nei risultati negativi che il Napoli sta collezionando dopo l’eliminazione dalla Champions, ma dal modo in cui stanno arrivando, dai segnali preoccupanti che affiorano ad ogni caduta.

Dopo la sconfitta di Torino ho scritto della stanchezza di una squadra logorata dai tanti impegni, dell’incapacità di reagire allo svantaggio. Di occhi spenti e gambe pesanti. Le partite perse con la Lazio e l’Atalanta hanno dato, se possibile, segnali ancora peggiori. Per la prima volta da quando Mazzarri è allenatore del Napoli gli azzurri hanno perso tre partite consecutive, per la prima volta il rendimento della difesa è da retrocessione (16 goal nelle ultime partite di campionato, più i quattro subiti dal Chelsea), ma ciò che è allarmante è che per la prima volta la squadra sembra priva della sua guida tecnica.

In quest’ultimo mese Mazzarri appare solo l’ombra dell’allenatore che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare. Sul piano tattico ha sconfessato tutte le soluzioni trovate per dare maggiore equilibrio alla squadra e con le quali aveva realizzato la striscia di cinque vittorie consecutive che aveva riportato il Napoli in corsa per Champions. Il ritorno al classico 3-5-2 – riproposto con insistenza nonostante le squalifiche, gli infortuni e gli acciacchi dei titolari – e scelte discutibili come quella di schierare Dzemaili da esterno destro e l’iniziale esclusione di Inler con l’Atalanta destano più di un dubbio sulle reali motivazioni residue di Mazzarri. L’arrendevolezza di un tecnico che ha smesso di osare, d’insistere, di provare a risolvere problemi che si aggravano giorno dopo giorno non appartiene all’immagine che Mazzarri ha saputo meritarsi in questi anni alla guida del Napoli. Lecito dunque chiedersi se dietro questo atteggiamento non vi sia altro. Non vi sia, ad esempio, l’idea di lanciarsi in una nuova avventura. Non è un mistero poi che lo strappo della scorsa estate con De Laurentiissi sia consumato proprio per il flirt tra lo stesso Mazzarri e la Juve.

Anche sul piano comunicativo il tecnico di San Vincenzo non è più lo stesso. Nei commetti alle prestazioni negative di questo periodo si rincorrono dichiarazioni su quanto di buono è stato fatto più che su quanto si possa ancora fare. Il denunciare i limiti della rosa a propria disposizione e gli obiettivi – a suo parere – troppo ambiziosi della società e della piazza appare strano oltre che sbagliato. Se è facile essere d’accordo con Mazzarrisull’impossibilità di combattere per lo scudetto, non lo è altrettanto quando sostiene che il terzo posto non è un obiettivo alla portata della sua squadra. Tenuto conto del rendimento delle avversarie, a questo punto del campionato il Napoli dovrebbe essere la favorita per il terzo posto finale ed invece si trova tagliato fuori quasi irrimediabilmente. A inizio campionato l’obiettivo era arrivare tra il terzo ed il quinto posto, ma nel corso della stagione gli obiettivi possono mutare tenuto conto delle condizioni e delle occasioni che ti si presentano. Usciti dalla Champions, a undici giornate dalla fine, il Napoli era quarto a due punti dalla Lazio. L’obiettivo non poteva che essere lottare per il terzo posto.

Il giudizio sulla stagione del Napoli è comunque positivo e non è legato esclusivamente alla conquista del piazzamento Champions. Per rispetto della verità e dei tifosi c’è bisogno, però, di maggiore chiarezza e serenità anche nel giudicare gli errori che allenatore, squadra e società hanno commesso e potranno commettere. Proprio la serenità di tutto l’ambiente può essere la chiave per terminare positivamente questa stagione e prendere nel miglior modo possibile le decisioni sul futuro del Napoli.

La Champions ha sicuramente inciso sul rendimento in campionato ma il tracollo verticale della squadra è avvenuto proprio una volta usciti dalla competizione europea. Il tecnico non può dichiararsi del tutto estraneo da responsabilità circa il calo di forma dei suoi uomini; a lui spettava il compito di gestire diversamente l’impiego dei calciatori a sua disposizione, continuando con più coraggio sulla giusta scelta del turn over. Quello che guida oggi il Napoli appare un allenatore completamente proiettato nel passato più che nel futuro. Interessato più a difendere quanto di buono ha fatto che a gettare le basi per il futuro del suo Napoli. Arrendersi senza combattere è rischioso perché abitua alla sconfitta. Rende perdenti.

Lo spettacolo deprimente di quest’ultimo mese non lo meritano i tifosi, sempre al fianco della squadra, e non lo merita nemmeno Mazzarri che rischia di compromettere il ricordo che merita da una piazza a cui ha dato tanto. Il Napoli ha l’obbligo di ritrovare l’orgoglio e le energie perdute, Mazzarri quello di ritrovare la grinta e la tenacia che dai campi di provincia l’hanno portato dov’è oggi. Gli azzurri devono sentirsi debitori della passione dei propri tifosi e andare in campo con la rabbia e la sfrontatezza di chi ormai non ha più niente da perdere. Oltre la faccia.
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