NON SI DOVEVA CAMBIARE? – Sui quotidiani il prepartita di Borussia-Napoli sembrava recitare quasi all’unisono: in Germania si cambierà qualcosa. Pressoché tutti i giornali davano per scontata una modifica nel 4-2-3-1 di Benitez, perché il suo Napoli di novembre, vincente o perdente, aveva palesato in ogni caso un costante quanto evidente calo del duo Inler-Behrami. Soprattutto perché gli allenatori rivali avevano ormai capito come fermare il Napoli: con la superiorità numerica a centrocampo. Lo schema del tecnico spagnolo è costruito per brillare in attacco, ma sacrifica lo spessore in mediana e senza molto aiuto dei tornanti ha un grosso punto debole là in mezzo. Lo hanno intuito un po’ tutti, così un po’ tutte le squadre, piccole e grandi, hanno trovato le contrimisure per annullare le manovre azzurre, con un pressing intenso, una difesa accorta in fase di non possesso e, come detto, un centrocampo folto per prevalere in fase di possesso.
SINTOMI PRIMA DI DORTMUND – Questo dato è affiorato una, due, tre, quattro volte: ovvero, sbandamenti nella trasferta vincente a Firenze, molti brividi nella vittoria col Marsiglia, qualche tentennamento contro il debole Catania, poi le brutte sconfitte con Juventus e Parma, prima della disfatta tedesca. E allora, se è facile fare analisi con il senno di poi, in questo caso non è la grave sconfitta a Dortmund a sollevare i dubbi, ma un percorso lungo, che attraversa tutto il mese di novembre e che di segnali d’allarme, non recepiti da Benitez, ne aveva mandati diversi.
DIFENSORI AZZURRI, SPARTANI INDIFESI – Behrami e Dzemaili: due kamikaze lasciati al loro destino. Con tutta la buona volontà e attenzione, non hanno potuto far altro che inseguire spaesati maglie gialle, sempre troppe, e impostare a fatica l’azione, in minoranza. Una falange di due soli fanti in prima fila, esposti alle armate di avversari all’arrembaggio. Tanto più inermi contro i velocisti tecnicissimi del Borussia. Alle loro spalle, una difesa priva di schermo, come Spartani che non possono però contare sugli scudi dei loro compagni. Il Leonida della situazione era il povero Reina, che a Dortmund ha parato l’impossibile, e solo grazie a lui e a qualche errore dei gialloneri il passivo non è stato catastrofico. La scusante formale sarebbe che due dei tre gol tedeschi, il primo e il terzo, sono arrivati per episodi (un rigore, un errore di Armero), mentre il secondo su contropiede con il Napoli sbilanciato a cercare il pari. Ma in realtà anche prima e dopo il dato è inquietante: il Napoli in svantaggio 0-1 non ha mai saputo impensierire Weidenfeller, se non una volta con Higuaìn nella ripresa, oltre al palo di Callejón nel primo tempo durante gli unici dieci minuti di reazione avuti dagli ospiti in tutta la gara. Ma tutto il secondo tempo, fino al 2-0, è stato un monologo dei padroni di casa, padroni anche del campo e pericolosi almeno in cinque occasioni limpidissime prima della rete del doppio vantaggio.
IL MODULO INIZIALE – Certo, il rigore iniziale ha inciso, come il gol-lampo a Torino: ma anche questo aspetto non è del tutto fortuito, soprattutto se si ripete. La partita di Champions andava affrontata, è vero, con atteggiamento offensivo: al Dortmund mancavano tre difensori titolari e bisognava approfittarne, senza troppi timori. Ma si sa che non sempre il modulo è significativo, a volte con meno attaccanti si può attaccare meglio. Questa era l’occasione per provare un nuovo assetto e sperimentare i tre centrocampisti: giusto schierare Dzemaili, ma magari non al posto di Inler, bensì al posto di Pandev.
CORREZIONI IN CORSO – I difetti di testardaggine, a Dortmund, per Benitez ruotano proprio intorno al nome del macedone, ultimamente troppo discontinuo e di certo non il più adatto a giocare titolare due partite ravvicinate. In Germania è stato impreciso, poco potente, lento, statico, come troppo spesso gli accade. Scelto lui e messo da parte Inler, a partita in corso sarebbe stato opportuno cambiarlo, magari già a inizio ripresa, sullo 0-1. L’ideale sarebbe stato inserire subito Insigne come seconda punta, più mobile e adatto a giocare con Callejón e Mertens contemporaneamente. Invece, la prima sostituzione non ha cambiato assetto, facendo entrare Inler per Dzemaili, idem per la seconda con Insigne sì in campo, ma al posto di Callejón. E infine il cambio Pandev-Zapata è arrivato troppo tardi, quando il macedone era sparito dal campo già da tempo.
FUTURO INCERTO – La Champions adesso è una missione impossibile, ma per il prosieguo della stagione Benitez ha comunque da lavorare molto: sulla fase difensiva, ricca di punti interrogativi; sul centrocampo, l’anello debole che ogni avversario ormai conosce; sull’attacco, dove si è rotto qualche meccanismo e molti sono fuori forma. E il tecnico dovrebbe lavorare anche su se stesso: gli è mancata fin qui una certa prontezza a partita in corso, cambi più svelti e coraggiosi, piuttosto che insistere ad oltranza sempre sullo stesso assetto. Altrimenti così si rischia di non arrivare molto lontano.
A cura di Lorenzo Licciardi
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