«Yes man». Però per scelta, convinzione, soprattutto col sentimento. Marek Hamsik il «signor sì». Di cuore. Il più sentito «sì» lo urlerà sussurrando all’orecchio della sua Martina, la compagna da quand’era ragazzino. Il matrimonio è fissato ad inizio luglio. Sarà l’evento glamour dell’estate slovacca. Paparazzi appostati. Gossip, rivelazioni, indiscrezioni e anche qualche bufala. Si sente di tutto. Si sentirà soprattutto quel «sì» pronunciato nella chiesa di Banska Bystrica, la sua città, ottantamila abitanti, e Hamsik più che quello famoso è lì un’istituzione. Il party è già organizzato. Come pure le vacanze tra Slovacchia e Dubai. Anche i voli della famiglia napoletana sono già prenotati. «Non potevamo mica mancare» . Quelli di Pineta mare. Quelli di sempre. Quelli che Marek ha avuto accanto quando ventenne si presentò coi capelli irti, l’apparecchio ai denti, i bermuda e una borsa a tracolla che gli arrivava fin giù ai piedi. Marek e Martina sposi. I piccoli Cristian e Lucas pagetti per mamma e papà. Un sì per sempre. L’altro, sì, per almeno altre tre stagioni l’ha detto al Napoli. La fedeltà azzurra è testimoniata da cifre, statistiche e parole. Trentecentotre presenze, settantasette reti, la fascia di capitano al braccio. Neppure quando ha conosciuto la panchina per scelta tecnica, il gol era diventato un’ossessione e al San Paolo si sentiva qualche brusio. Mai un dubbio. «Resto, eh sì che resto a Napoli. Credo fortemente in questo progetto, abbiamo la possibilità di vincere». L’ha già fatto due volte. Due Coppe Italia. La prima non si scorda mai, l’altra è di quelle che racconterà per sempre. Attimi lunghi un’eternità. Estasi ma pure tormento. Hamsik sotto la curva coi tifosi. Smarrito, confuso, responsabilizzato al di là di una maturità che ha sempre mostrato. Un anno difficile. Il settimo anno. Quello tipico di una crisi che non potendo essere matrimoniale è diventata tecnica. L’infortunio al piede, la condizione atletica mai brillante, l’eliminazione sofferta dai mondiali e la fatica ad interpretare un ruolo che non sente forse suo. Eppure era partito come mai gli era accaduto. Quattro gol in due partite, sei nelle prime dieci: la sensazione di un giocatore ormai completo, universale davvero. Quel pestone gli ha però tolto sicurezze e sorriso. Sessantadue giorni fuori, un recupero lento, fisico e anche di testa. L’attesa ansiosa, la ricerca ossessiva di se stesso e delle sue giocate, e le critiche, i rumors del mercato, quel tabù del gol sfatato con la Samp solo dopo sei mesi. Un urlo liberatorio, il suo. Da Marassi al San Paolo fino a Banska Bystrica: «Sììì». Marek Hamsik «yes man». Sposato il Napoli, tocca ora alla sua Martina. L’augurio, solito: fiori d’arancio e figli maschi. Altri. Coccarde azzurre da sventolare.
Fonte: Corriere dello Sport
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