Il vecchio che avanza è un fanciullo (dentro) con l’aquilone tra le mani e tredici mesi dopo, mentre la carta d’identità impietosamente (ma non troppo) sancisce l’ormai imminente trentacinquesimo anno e la felicità è un’ora e mezza da vivere da protagonista, lasciandosi alle spalle la ruggine dell’inattivita. La «dura» legge del turn-over è un’applicazione moderna del calcio del Terzo Millennio e nel Napoli ribaltato per il Chievo, in quella rivoluzione obbligata da squalifiche, cali fisiologici e scadenze imminenti in vista, la pettorina che brilla nel pomeriggio nuvolo di Castelvolturno gonfia il petto di Gianluca Grava, lo «zio» d’una favola cominciata nello scantinato del calcio, in serie C, orgoglioso e fiero d’una scalata da raccontare ai «nipotini», arricchita da 171 capitoli complessivi tra campionato e coppe e infiocchettata persino da due reti: è ballottaggio con Fernandez, ma nel gioco delle percentuali, in quel criptico balletto della vigilia, il 51% per cento è del soldato speciale che sta a Napoli da otto anni.
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