Oggi, se non ufficialmente, quanto meno ufficiosamente conosceremo il destino di Walter Mazzarri che, nel frattempo, sta assumendo i contorni del segreto di Pulcinella. Perché è chiaro (e non da oggi o ieri) che il tecnico si sta dirigendo verso altri lidi. Il ciclo del Napoli non si è chiuso ma lui ha deciso di chiudere il suo ciclo personale. Ha bisogno di altri stimoli e a leggere la sua parabola professionale ci si rende agevolmente conto che quattro anni per lui su una panchina delimitano un arco temporale prossimo all’eternità. D’altro canto, questa è la serie A non la Premier League: i presidenti avvicendano gli allenatori come i pedalini ma, a loro volta, gli allenatori non apprezzano troppo l’idea di restare incatenati a lungo in un posto. Meglio cambiare perché quando si arriva troppo in alto si rischia di cadere rovinosamente, meglio scendere qualche scalino e risalire. Da una parte ti ricorderanno con nostalgia, dall’altra ti accoglieranno come un Messia. E’ il calcio, bellezza.
Una batosta per il Napoli perché in un momento come questo, con la Champions ritrovata e Cavani che potrebbe andare via, la continuità tecnica avrebbe rappresentato una garanzia. Questa per De Laurentiis è forse la fase più complessa: sino ad ora ha sempre scelto lui, tempi e uomini; questa volta i tempi e, in qualche misura, gli uomini gli vengono imposti dalle circostanze, da scelte altrui che può accettare ma non dominare. Il Napoli è una grande realtà calcistica, solida, strutturata e De Laurentiis in questi anni ha dimostrato saggezza e prudenza, qualità non del tutto comuni in un mondo come quello del pallone che ama vivere di istinti.
L’addio di Mazzarri (al momento ancora eventuale anche se le possibilità che resti appaiono ridotte al lumicino) obbligherà a una scelta che dovrà essere allo stesso tempo rapida (perché il mercato è già in corso e non si può aspettare troppo) e ponderata. La soluzione più logica sarebbe un tecnico che continui sulla strada tattica portata al successo da Mazzarri e intrapresa con soddisfazione da Reja. Oggettivamente il sentiero è stretto. In questi casi meglio affidarsi alle certezze. Guidolin, ad esempio, è una certezza, un grande allenatore sotto molti aspetti sottovalutato (forse a causa di qualche limite caratteriale). Garantirebbe continuità tattica e abilità nella valorizzazione tecnica dei giocatori. Certo, potrebbero cantare «sirene» più affascinanti (Benitez) ma in frangenti come questi la bussola migliore è quella della concretezza.
Fonte: Corriere dello Sport Antonio Maglie
La Redazione
A.S.
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