Vado, non vado, vado: mentre sarebbe stato meglio starsene comodamente tra i pali, ed evitare di infilarsi in quel vicolo cieco, tra Britos, Gamberini, Toni ed il vuoto che s’apre dinnanzi a sé e pure alle spalle e infila Morgan De Sanctis in un frullatore. L’altra faccia del Napoli, quella che ora starà facendo smorfie nei propri confronti, e magari starà crivellando il sistema nervoso di perché, è sintetizzato in un muscolo che si contrae, mentre osserva il nulla che sta intorno, coglie il boato del «Franchi» e avverte il sacro furore dell’ira che divampa dentro: ma è fatta e a quel punto bisogna buttare i guanti nella sfida, per riafferrare l’umore per i capelli.
NON DICA TRENTATRE’ – Il momento chiave d’un pomeriggio che ora resta scolpito nella memoria e che, volendo scherzarci un po’ su, finirà per evitare imbarazzi nella scelta della «paperissima» d’una carriera ricca di lustrini, è il trentatreesimo, e piove dal cielo, in forma insospettabile, perché mentre quel pallone scagliato da Roncaglia nel mischione, è (pardon, pare) assolutamente innocuo. Gli dei fiorentini però son nascosti dietro le nuvolette e, da qualche parte, devono esserci pure i «diavoletti», che trasformano un passaggio normalissimo in un evento eccezionalissimo: De Sanctis perde il controllo dei freni sul terreno bagnato, insegue la traiettoria e ignora il traffico e poi, «pum», va a tamponare Britos, mentre la viola è già rifiorita.
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