Pensava di fare come a Valencia o a Liverpool: convogliare intorno alla squadra di calcio la passione ed il calore tipico dei tifosi napoletani. Poi, ad un certo punto, Rafa Benitez, specie dopo il mancato accesso ai Preliminari di Champions, ha scoperto che una buona fetta di aficionados si lasciava influenzare da certa critica e remava contro. Arrivò a citare il «Brian di Nazareth» dei Monty Python per spiegare che non c’era cosa più sbagliata del seguire il sandalo delle persone sbagliate; o che non aveva senso andare in migliaia in trasferta se poi non c’era compatezza al «San Paolo».
Insomma, invocava consenso e pazienza; auspicava equilibrio ed obiettività di giudizi mentre si lasciava scivolare addosso le accuse più impensabili, «inadeguato per il calcio italiano», «bravissima persona ma l’allenatore è un altro mestiere», «integralista fino all’autolesionismo», «troppo accomodante» ed altre ancora. Accuse sparate a raffica da ogni angolo e da ex addetti ai lavori, peraltro senza curiculum rispettabili. Ma Benitez non ha mai dato peso a quanto veniva detto all’esterno, se non dispiaciuto che parte della tifoseria continuava a dare credito a certi personaggi, sfiduciando il lavoro che veniva svolto quotidiniamente a Castelvolturno. Andava avanti per la propria strada, mostrando una coerenza d’acciaio. Modulo di gioco sempre lo stesso ma con piccole variazioni che molti volutamente si rifiutavano di cogliere. Turn over insistito in Europa League per consentire a tutti di raggiungere il top della condizione. Fiducia incondizionata al gruppo da lui forgiato ed in particolar modo ai nuovi arrivati accolti con diffidenza già prima di mettere piede a Napoli.
E mattone dopo mattone ha ricostruito una squadra e uno spogliatoio che sapeva dove sarebbe potuto arrivare appena raggiunta la forma ed appena metabolizzata l’amarezza per l’esclusione dalla Champions. Benitez ha reagito infastidito solo quando è stato incolpato di aver lasciato il Napoli in un periodo delicato della stagione per recarsi a Liverpool dalla moglie Maria de Montserrat e dalle figlie, Claudia ed Agata. L’ha fatto due volte e per due volte si è sentito accusare. Lì ha perso le staffe, proprio lui che vive dove lavora e che a Castelvolturno dedica tutto il suo tempo alla crescita del progetto-Napoli. Si è meravigliato del provincialismo di parte della critica. «Che vuoi che sia, in un periodo di sosta, lasciare per un paio di giorni un gruppetto di calciatori (con i nazionali via) ai propri collaboratori ed andare a trovare i familiari?», si sarà chiesto. De Laurentiis, del resto, sapeva. Anzi, lo sapeva fin dal primo incontro avvenuto in un club esclusivo di Londra. Ma quando dopo la vittoria sulla Fiorentina, il tecnico spagnolo si è sentito rivolgere la stessa domanda, sul viaggio a Liverpool, ha risposto seccato: «Stupidaggini».
E come non ha ascoltato chicchessia sui rilievi tecnici (cambi di modulo o superdifesa) che gli sono stati mossi fino alla vigilia della gara con il Sassuolo, così non ascolterà chi vorrebbe fargli cambiare anche le abitudini. Nel prossimo fine settimana, quando ci sarà un altro stop per la sosta, ed in coincidenza dei tre giorni di riposo concessi al gruppo già privo di otto nazionali, Benitez tornerà a Liverpool per trascorrere il week end con i suoi. Per lui parlano i risultati, otto utili consecutivi, di cui sette in campionato e terzo posto in classifica, gli altri possono dire quello che vogliono. Non certo De Laurentiis e la maggior parte della tifoseria che apprezzano da sempre l’uomo ed il professionista-Benitez.
Fonte: Corriere dello Sport
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