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Dopo il gol della scorsa stagione, Insigne cerca il bis al Mapei Stadium

C’è ancora una foto appesa al muro nella sede di Castelvolturno. Tracce passate di un Napoli che in quell’immagine ancora resiste. E che è sentimento, amicizia, romanticismo. Napoletanità soprattutto. Sono uno accanto all’altro, vicini, Insigne e Cannavaro. Di fianco. Come per un po’ sono stati anche nello spogliatoio. Paolo il capitano, Lorenzo lo scugnizzo, il “fratellino” più piccolo, l’erede designato di una continuità che è senso di appartenenza e attaccamento alla maglia. Compagni, amici, uniti. Poi avversari. Capita, è il calcio. La prima e unica volta neppure sette mesi fa. Mapei Stadium. Insigne azzurro, Cannavaro in nero e verde. Che strano vederli contro. Ma davvero. Un duello arcigno, tosto, di quelli che provi in allenamento e ti giochi i pasticcini. Chi perde paga. Uno contro uno. Si guardarono sospetti. Negli occhi. Conoscendo tutto dell’altro. Talento, movimenti e tempismo. La spuntò Insigne. E a modo suo. Il corpo ciondolante e ingannevole, una finta, il dribbling senza mai toccare il pallone, destro a giro sul palo lontano e rete. Due a zero. Titoloni, pagelle super e l’abbraccio sincero di Cannavaro alla fine. Si rivedranno anche oggi. Forse in campo. Insigne ci spera. E si scalda, scalpita, un po’ smania.
Il ballottaggio con Mertens è stimolo e logorio. L’attesa l’attimo più lungo. Sensazioni, indicazioni e ipotesi. Poi però decide Benitez. E spesso sorprende. Insigne c’è. Pronto. Ha voglia di dare e fare qualcosa in più. E’ il momento più delicato, il peggiore per lui e tutto il Napoli. E ne è consapevole. I numeri sono impietosi. Anche i suoi. Non ha ancora fatto gol. E neanche un assist. Insigne giù. Nei giudizi e l’umore. Incupito dall’andamento suo e della squadra. Rattristato per le critiche della sua gente. Ansioso di riprendersi tutto quel che era suo, i momenti più belli, l’allegria della giocata, la felicità di una corsa a braccia aperte e la linguaccia fuori sotto la curva che esulta. Un’estate tormentata. La delusione mondiale, il silenzio indispettito di Dimaro, la bacchettata di De Laurentiis, i fischi del San Paolo e la ricerca ossessiva di un compromesso sulla fascia. Si sente un attaccante, Insigne. Una punta esterna, un dieci che è un po’ anche undici. Ma correre sue e giù per quasi tutto il campo gli costa fiato, lucidità e forse anche qualche gol. Di sicuro, il sorriso. Eppure ha stima e fiducia. Opportunità e considerazione.

OPZIONE. Insigne l’opzione (dati alla mano) preferita da Benitez. Lui più di Mertens. Questione tattica. Di duttilità e spirito di sacrificio. Di applicazione, interpretazione del ruolo ed equilibri senza mai rinunciare all’imprevedibilità e la fantasia. Insigne un po’ croce ma tanto delizia. Del Piero il suo idolo da bambino, i 38 anni di Totti e la sua storia la suggestione di questi giorni. Si è spinto in là coi pensieri, ha immaginato quanto sarebbe bello vincere, giocare e portare la fascia sempre e solo con la stessa maglia, la sua, l’azzurra. Sogni che solo il campo può realizzare e proiettare così lontano. Il presente è oggi, è Cannavaro di nuovo contro, è quel Sassuolo avversario già battuto e trafitto. Si gioca all’ora di pranzo. E Insigne ha fame.
Fonte: Corriere dello Sport

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