E’ cresciuto nella Sampdoria dove ha fatto tutta la trafila delle giovanili, poi ha girato l’Italia senza trovare fortuna in Lega Pro fra il Portogruaro, il ritorno alla Virtus Entella (dove aveva giocato fino a 14 anni), la Paganese, il San Marino, il Pisa e infine il Mantova, con cui ha rescisso il proprio contratto a luglio dopo l’ultima stagione. Stiamo parlando di Moreno Beretta, attaccante classe ’93 che può vantare anche 4 presenze con la Nazionale Under 18 e 3 con l’Under 19. Anzi, oramai dovremmo dire ex attaccante. Sì perché Beretta, 23 anni compiuti lo scorso maggio, ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e, a questo proposito, ha deciso di affidare a Il Solito Calcio una lettera riportata qui di seguito:
“In questi giorni ho letto parecchio scalpore per il post scritto da un mio ormai ex collega, giocatore della Lazio, che sottoscrive un andamento del sistema calcistico italiano non del tutto corretto (per essere gentili).
In conseguenza a ciò, mi sento di rimarcare i concetti espressi nelle sue parole e non, raccontando la mia di esperienza, ragazzo di ventitré anni che quest’anno ha deciso di dire stop a questa vita.
Scrivo tutto questo non per polemizzare, non per rivendicare ma, (spero), per sensibilizzare almeno un secondo le vostre menti riguardo a quello che succede nel mondo del calcio, in Italia, in Lega Pro, ma non solo.
Già mi vedo le facce di molti addetti ai lavori, ignoranti, chiaramente ignoranti, che dopo aver letto due righe sorridono sotto i baffi e pensano: “Eccone un altro che ha smesso perché incapace di sopportare le pressioni del mestiere e se la prende con il sistema”. Pensiero immediato, questo, di tutti. Ma proprio perché di tutti, ovviamente sbagliato. Avete mai partecipato ad un discorso dove tutti sono d’accordo? Rispondo io, no. Iniziamo a sensibilizzarci, quindi.
A ventitré anni ho girato già ben sette squadre di calcio professionistiche in cerca “dell’ambiente adatto” per fare un ipotetico salto di qualità. Tralasciando il fatto che io possa essere il più scarso del pianeta o meno, il sopracitato “ambiente adatto” per crescere non l’ho mai incontrato, quindi, gli addetti ai lavori che qualche riga fa sorridevano ora dovrebbero cambiare espressione, in quanto teoricamente feriti nell’orgoglio per essere beccati in fallo nel loro lavoro, ma ovviamente, essendo ignoranti non lo faranno, ed ecco chiarito il primo punto per cui le cose nel calcio partono già male. Chi comanda spesso ignora quello che sta facendo. Andiamo avanti.
La meritocrazia non esiste. Frase fatta, penserete (sempre voi eh, non vi cito più per non essere ripetitivo), ma è triste accorgersi di quanto sia vera.
Nelle Primavere spesso, se non sempre, gioca chi ha il contratto, se sei straniero meglio e dalla società vieni visto come un peso e non come un potenziale calciatore di alto livello. Anche perché, siamo onesti, o gli spermatozoi che giocheranno bene a calcio si sono trasferiti tutti in Cataluña e il Barcellona gode di questo fantastico miracolo terrestre oppure loro stanno lavorando bene e noi no. A voi la scelta. Andiamo avanti.
Se nelle Primavere le cose non funzionano come dovrebbero nella terza serie le cose vanno ancora peggio.
Partiamo dagli stranieri anche qui, spesso ma non sempre bidoni incredibili che guadagnano in un anno tutto quello che tu e la tua famiglia avete speso facendo sacrifici in 15 anni di attività calcistica.
Questo avviene ovviamente per interessi da parte di dirigenti, procuratori, ecc., che creano abilmente “torte” gigantesche da spartirsi per andare poi in vacanza, comprarsi il “macchinone” e vivere al di sopra delle loro chiaramente basse potenzialità.
Ancora altri interessi, quelli degli allenatori ad esempio che si portano dietro come un convoglio rimorchi di sponsor per poter allenare, o meglio, fare danni in una squadra professionistica con calciatori professionisti che si stanno facendo il culo per raggiungere un sogno e voi, ignoranti, vi prendete gioco di questo valore.
Parliamo adesso dei presidenti, o presunti tali, non tutti eh, specifico, ma alcuni sembrano messi lì come si mette la stella sulla punta dell’albero di Natale…non sai mai se serve o se no e talvolta neanche la noti. Semplice imprenditoria, se cosi si può definire, la loro. Per di più da quattro soldi, perché dopo aver giocato a fare i potenti le società falliscono. Chissà.
Mi va di concludere per non tediarvi oltre dicendo che se il calcio in Italia sta andando come va un motivo c’è: non c’è amore, non c’è passione, non ci sono sentimenti, ma solo sporchi interessi di gente altrettanto sporca che si prende gioco della vita altrui.
Questo a grandi linee è quello che succede in Italia e urge un cambiamento.
Spero che queste parole destino curiosità e voglia di rivoluzione nei giovani addetti ai lavori, dirigenti, allenatori e presidenti.
È il solo motivo per cui ho reso pubbliche queste parole.”
In conseguenza a ciò, mi sento di rimarcare i concetti espressi nelle sue parole e non, raccontando la mia di esperienza, ragazzo di ventitré anni che quest’anno ha deciso di dire stop a questa vita.
Scrivo tutto questo non per polemizzare, non per rivendicare ma, (spero), per sensibilizzare almeno un secondo le vostre menti riguardo a quello che succede nel mondo del calcio, in Italia, in Lega Pro, ma non solo.
Già mi vedo le facce di molti addetti ai lavori, ignoranti, chiaramente ignoranti, che dopo aver letto due righe sorridono sotto i baffi e pensano: “Eccone un altro che ha smesso perché incapace di sopportare le pressioni del mestiere e se la prende con il sistema”. Pensiero immediato, questo, di tutti. Ma proprio perché di tutti, ovviamente sbagliato. Avete mai partecipato ad un discorso dove tutti sono d’accordo? Rispondo io, no. Iniziamo a sensibilizzarci, quindi.
A ventitré anni ho girato già ben sette squadre di calcio professionistiche in cerca “dell’ambiente adatto” per fare un ipotetico salto di qualità. Tralasciando il fatto che io possa essere il più scarso del pianeta o meno, il sopracitato “ambiente adatto” per crescere non l’ho mai incontrato, quindi, gli addetti ai lavori che qualche riga fa sorridevano ora dovrebbero cambiare espressione, in quanto teoricamente feriti nell’orgoglio per essere beccati in fallo nel loro lavoro, ma ovviamente, essendo ignoranti non lo faranno, ed ecco chiarito il primo punto per cui le cose nel calcio partono già male. Chi comanda spesso ignora quello che sta facendo. Andiamo avanti.
La meritocrazia non esiste. Frase fatta, penserete (sempre voi eh, non vi cito più per non essere ripetitivo), ma è triste accorgersi di quanto sia vera.
Nelle Primavere spesso, se non sempre, gioca chi ha il contratto, se sei straniero meglio e dalla società vieni visto come un peso e non come un potenziale calciatore di alto livello. Anche perché, siamo onesti, o gli spermatozoi che giocheranno bene a calcio si sono trasferiti tutti in Cataluña e il Barcellona gode di questo fantastico miracolo terrestre oppure loro stanno lavorando bene e noi no. A voi la scelta. Andiamo avanti.
Se nelle Primavere le cose non funzionano come dovrebbero nella terza serie le cose vanno ancora peggio.
Partiamo dagli stranieri anche qui, spesso ma non sempre bidoni incredibili che guadagnano in un anno tutto quello che tu e la tua famiglia avete speso facendo sacrifici in 15 anni di attività calcistica.
Questo avviene ovviamente per interessi da parte di dirigenti, procuratori, ecc., che creano abilmente “torte” gigantesche da spartirsi per andare poi in vacanza, comprarsi il “macchinone” e vivere al di sopra delle loro chiaramente basse potenzialità.
Ancora altri interessi, quelli degli allenatori ad esempio che si portano dietro come un convoglio rimorchi di sponsor per poter allenare, o meglio, fare danni in una squadra professionistica con calciatori professionisti che si stanno facendo il culo per raggiungere un sogno e voi, ignoranti, vi prendete gioco di questo valore.
Parliamo adesso dei presidenti, o presunti tali, non tutti eh, specifico, ma alcuni sembrano messi lì come si mette la stella sulla punta dell’albero di Natale…non sai mai se serve o se no e talvolta neanche la noti. Semplice imprenditoria, se cosi si può definire, la loro. Per di più da quattro soldi, perché dopo aver giocato a fare i potenti le società falliscono. Chissà.
Mi va di concludere per non tediarvi oltre dicendo che se il calcio in Italia sta andando come va un motivo c’è: non c’è amore, non c’è passione, non ci sono sentimenti, ma solo sporchi interessi di gente altrettanto sporca che si prende gioco della vita altrui.
Questo a grandi linee è quello che succede in Italia e urge un cambiamento.
Spero che queste parole destino curiosità e voglia di rivoluzione nei giovani addetti ai lavori, dirigenti, allenatori e presidenti.
È il solo motivo per cui ho reso pubbliche queste parole.”
Moreno Beretta
Fonte: Il solito calcio
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