Dallo Spartak Mosca al Villarreal. Un lungo viaggio dal dolore al piacere. Che è come dire anche dalla: C alla Champions, giusto per restare ai tempi azzurri più recenti. Oppure: dai silenzi quasi di mortificazione di certi campetti della periferia del calcio, all’inno della Champions, quella ‘ musichetta’ dalle fiere e nobilissime origini, composta da Handel per l’incoronazione di Giorgio II d’Inghilterra e che Tony Britten ha poi rivisitato per l’Uefa.
INNO – E brividi nobili e fieri sono anche quelli del San Paolo quando quella ‘ musichetta’, ventuno anni dopo, saluta il ritorno a casa del circo più prestigioso del pallone. Cinquantamila e passa brividi all’ora della gara. Ma almeno la metà subito, praticamente all’apertura o quasi dei tornelli. S’era mossa prima, infatti, la città del calcio. Vecchie e nuove generazioni di tifosi, al San Paolo: chi la Champions l’aveva già vissuta nell’epoca d’oro degli azzurri, assieme a chi ora s’affida alle cavalcate di Cavani e ai guizzi del Pocho per sognare.
PARTECIPAZIONE – Voglia di esserci e di scrivere assieme alla squadra nuove pagine di storia in campionato e in Coppa: così il San Paolo alla prima in casa della Champions. Un entusiasmo che diventa ‘ inferno azzurro’ quando il Napoli si presenta in campo. Che frastorna gli spagnoli e quei cinquanta fans del Sottomarino Giallo arrivati dalla Spagna assieme a lui. Parenti e amici dei giocatori del Villarreal, che il Napoli, con garbo e simpatia ospita in tribuna, lasciando gli steward a guardia d’un settore ospiti deserto. ‘Musica per le nostre orecchie’, lo striscione che sventola nei distinti all’inno Uefa, mentre la curva festeggia con fumogeni tricolori che forse costeranno qualcosa a De Laurentiis e mentre, orgogliosi e felici, sfilava con le squadre i ventidue ragazzini- mascotte arrivati dai quartieri del disagio grazie alla Mastercard e alla Fondazione FerraraCannavaro.
SI GIOCA – E poi il match. E poi i cento secondi che portano il Napoli e i napoletani dello stadio in paradiso. Non ci stanno più nel San Paolo l’entusiasmo, la gioia, il canto della gente. Tracimano. Salgono su per tribune e curve e scivolano via per la città subito esaltata dal mancino di Marek, dallo scatto da rigore di Lavezzi, dal destro affilato di Cavani dal dischetto. Ventuno anni dopo, vibra il Napoli in Champions e vibra anche il San Paolo, cornice colorata, festosa, eppure assai composta della battaglia navale tra i ‘siluri azzurri’ e il ‘sottomarino giallo’ subito colpito. Subito sorpreso. Come Massimo Mauro, oggi opinionista e faccia da tv, ieri ventuno anni fa, protagonista di quell’altro Napoli di Champions. Anzi, di Coppa dei Campioni, come si chiamava allora. E’ lui, che sta in tribuna per mestiere, il nome che lega la storia che fu con quella che ora il Napoli vuole ricominciare a mettere per iscritto, forte anche, a fine primo tempo, dei due gol che Bayern di Monaco sta rifilando al City. L’entusiasmo avanza, cresce, si moltiplica al San Paolo, ma anche al di là dello stadio tornato per una notte, per un’altra notte, cuore forte e vincente di tutta la città.
TRAPPOLA – Non c’è scampo per il Villarreal. Il San Paolo non gli concede nulla neppure nel secondo tempo. Non gli perdona niente. E alla fine, lo travolge e lo saluta con l’inno che più gli appartiene. E’ sulle note de ‘ O surdato nnammura-to’, infatti, che la gente dello stadio chiude la sua notte Champions. Va bene così. Con tanti saluti anche a Pepito Rossi, sogno proibito (per adesso) del mercato azzurro. Pazienza. Vuol dire che stavolta il buon Pepito si consolerà con la mozzarella. Prima del match, da Teverola, se n’era fatta portare, infatti, in grande quantità. Ventidue chili per la precisione. Per lui e per i suoi compagni. E senz’allusioni, si capisce.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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