Lo strazio purtroppo non è ancora finito. Nelle ore più dure, i familiari di Ciro Esposito non possono riportare subito la salma a Napoli per i funerali, perché il pm Eugenio Albamonte ha disposto l’autopsia come da prassi nelle inchieste sulle morti violente. Il collegio difensivo degli Esposito, composto dai fratelli Pisani e dall’avvocato De Rosa, aveva provato a evitare che venisse eseguito l’esame «per risparmiare questo accanimento, dal momento che tutto era stato già accertato. E’ un ritardo davvero inutile» . Ma non è stato possibile. Il corpo di Ciro è stato trasportato all’obitorio del cimitero del Verano, non lontano dalla stazione Termini, per essere messo a disposizione del medico legale Costantino Cialella che stamattina eseguirà l’autopsia. Nemmeno il prete anticamorra, Luigi Merola, arrivato sotto scorta appositamente da Napoli, ha avuto l’autorizzazione per benedire la salma. «Il magistrato non me l’ha concesso – ha detto Don Merola – peccato perché Ciro rappresenta il bello della città di Napoli. Ma da oggi sarà lui, dall’altro, a benedire la nostra città tanto amara. Purtroppo lo Stato arriva sempre in ritardo e anche in questo caso solo dopo la morte escono fuoti tutti. E’ corretta la scelta della famiglia di non accogliere nessuno» .
L’ATTESA. Intanto è stata allestita la camera ardente nell’auditorium di Scampia. Già nel pomeriggio Ciro dovrebbe essere a Napoli, per ricevere il saluto della città, mentre i funerali sono stati organizzati per domani pomeriggio alle 16.30 in Piazza Grandi Eventi, sempre nel quartiere dove vive la famiglia Esposito. Il tutto, ovviamente, sotto la stretta vigilanza delle forze dell’ordine che temono incidenti. Fino a ieri, comunque, non è successo niente, anche grazie agli appelli della famiglia che aveva chiesto «per rispetto di Ciro» di non mettere in atto rappresaglie o altri comportamenti violenti. Ieri intanto il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha fatto cancellare alcune scritte contro Ciro comparse sui muri della città.
LA TRAGEDIA. Ciro ha resistito con grande vigore per 53 giorni, prima di arrendersi, ma già dal 3 maggio le sue condizioni erano apparse disperate. Ferito da due colpi di pistola, è stato soccorso «dopo un’ora» secondo le testimonianze, era arrivato in arresto cardiaco al primo ricovero, all’ospedale San Pietro, per poi essere trasferito al Gemelli dove è rimasto fino a ieri. Sconfitto da un avversario vile e imprevedibile.
Fonte: Corriere dello sport
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