Secondo appuntamento per la rubrica “Diritto e Rovescio” curata dal giovane e brillante avvocato campano Gianluca Spera. Dopo il caso Sneijder, oggi affrontiamo un tema particolarmente importante per il Napoli: la vicenda Gianello ed i possibili risvolti.
Il processo sportivo sul caso Gianello si è aperto immediatamente con un colpo di scena imprevisto. La commissione disciplinare ha respinto la richiesta di patteggiamento avanzata, di concerto con il procuratore federale, dal legale del giocatore veronese. I giudici hanno motivato la decisione spiegando che “l’istanza non può essere accolta in quanto non emergono elementi di collaborazione fattiva tali da consentire l’applicazione dell’articolo 24”. La circostanza ha aperto nuovi scenari e l’esito del procedimento non appare più scontato come si era ritenuto inizialmente. La credibilità dell’ex portiere azzurro sarà vagliata dalla commissione disciplinare alla quale spetterà emettere i verdetti. Chi ha ritenuto attendibile il racconto di Gianello è stato il procuratore Palazzi. Ma gli ultimi sviluppi rischiano di far crollare il castello accusatorio. Innanzitutto, la motivazione, innanzi richiamata, della commissione disciplinare ha inferto un duro colpo alla veridicità delle affermazioni dello stesso Gianello. Il patteggiamento non è stato respinto perché la pena concordata non è stata ritenuta equa ma perché il “pentimento” non è stato considerato effettivo. La differenza non è sottile.
E’ chiaro che siamo nel campo delle ipotesi sino a quando non saranno rese note le decisioni dei giudici. Però, appare evidente che gli spunti conoscitivi offerti dal Gianello appaiono insufficienti. I legali azzurri hanno avuto gioco facile a gettarsi a capofitto su questo tipo di strategia difensiva, anche alla luce delle tante incongruenze che presenta la vicenda. Proprio per questo è necessario fare un passo indietro. Come nasce il caso? L’ex terzo portiere azzurro avrebbe rivelato a un poliziotto, che frequentava l’ambiente del calcio Napoli per garantire la sicurezza degli atleti specialmente nei rapporti con la tifoseria, di essere un incallito scommettitore e di essere in contatto con personaggi in grado di poter condizionare i risultati delle partite. Allo stesso tempo, gli avrebbe confidato che, in occasione della famigerata partita Sampdoria-Napoli del maggio 2010, avrebbe tentato di avvicinare Cannavaro, Grava e Quagliarella per alterare l’esito dell’incontro, ricevendone, peraltro, un netto diniego.
La versione resa da Gianello, innanzi alla procura federale, si discosta dal contenuto di questa testimonianza in alcuni dettagli decisivi. In particolare, non viene più menzionato Quagliarella. La discrepanza l’hanno fatta notare i legali di Paolo Cannavaro, evidenziando che le dichiarazioni non coincidono. Dal canto suo, Palazzi prova a costruire il punto di forza dell’accusa proprio su questo particolare. E’credibile proprio perché ha scagionato solo uno degli ex compagni di squadra. Tesi discutibile. Ma d’altronde la stessa arringa di Palazzi ha riservato numerose sorprese. In primis, ha alleggerito la posizione della società richiedendo un solo punto di penalizzazione sul presupposto che Gianello era una figura marginale all’interno della squadra e quindi inidoneo ad influenzare le prestazioni dei suoi compagni. Però, allo stesso tempo, ha usato la mano pesante con Cannavaro e Grava per i quali ha chiesto nove mesi di squalifica. Nell’uno e nell’altro caso, non ha seguito il suo precedente orientamento ma soprattutto ha aperto la strada ad una rivisitazione del concetto di responsabilità oggettiva.
Il Napoli, in ogni caso, insiste per la totale estraneità ai fatti contestati. Subire una penalizzazione, che la commissione disciplinare potrebbe anche inasprire rispetto alle richieste formulate dal procuratore federale, sarebbe un danno enorme, oltre che una beffa che dovrebbe interrogare le massime autorità calcistiche sulla necessità di una riforma complessiva della giustizia sportiva. Nel frattempo, il club di De Laurentiis attende di conoscere il proprio destino, confidando anche nella derubricazione dell’illecito sportivo in una semplice violazione della lealtà sportiva, come chiesto dal legale di Gianello in seguito al rigetto della richiesta di patteggiamento. L’accoglimento di tale tesi difensiva gioverebbe anche alla società azzurra cui sarebbe inflitta, nella peggiore delle ipotesi, solo una pesante ammenda. In un sistema processuale che impone agli accusati di dimostrare la propria innocenza, riuscire ad evitare la perdita pure di un solo punto in classifica sarebbe già una grande vittoria.
Gianluca Spera
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