Da quest’anno non si scherza più allo stadio. Nemmeno in Italia. Certo va detto con una buona dose di onestà intellettuale che anche questa “rivoluzione copernicana” ci è stata imposta dall’Europa. La Uefa ha preteso la “tolleranza zero” in tema di discriminazioni razziali e territoriali e la Figc non ha potuto fare altro che adeguarsi. La circolare è del mese di agosto. Giorno cinque, per la precisione. Nello specifico, le nuove regole hanno, di fatto, eliminato una serie di norme, contenute all’interno dell’art.11 del Codice di Giustizia Sportiva, che, sostanzialmente, prevedevano un sistema attenuato di sanzioni nel momento in cui si fossero verificati gli episodi incriminati. In pratica tutte quelle formule (“prevenzione, cooperazione con le forze dell’ordine, azione per far rimuovere i comportamenti discriminatori e dissociazione da parte del resto del pubblico”) che, fino al campionato scorso, hanno consentito a diverse società, la Juventus in particolare, di cavarsela sempre con un’ammenda e scongiurare la squalifica del campo non saranno più in vigore.
La nuova formulazione dell’art.11 ha comportato un deciso inasprimento del sistema sanzionatorio ma soprattutto ha equiparato (e verrebbe da dire finalmente!) la discriminazione razziale a qualunque offesa, denigrazione o insulto rivolta ai sostenitori avversari per ragioni dovute al sesso, alla religione, all’origine territoriale o etnica. In pratica, tempi duri per gli amanti della vulcanologia, della sismologia e per gli epidemiologi da stadio. Da questa stagione, saranno puniti gli insulti ai giocatori di colore ma anche le espressioni tipo “colerosi”, “terremotati” e le invocazioni al Vesuvio.
Infatti, la decisione inversione di tendenza già si è registrata nel primo periodo di applicazione dei nuovi precetti. Dopo le sanzioni comminate alla Lazio e all’Inter, è toccato al Milan subire il provvedimento che sarà obbligato a disputare la prossima gara casalinga con il secondo anello blu della curva privo di spettatori. La decisione è stata motivata con la circostanza che tifosi rossoneri, collocati in quel settore, in tre circostanze (“prima dell’inizio della gara, all’ingresso delle squadre in campo ed al 19′ del secondo tempo”), durante il match di domenica scorsa contro il Napoli, hanno indirizzato ai sostenitori della squadra avversaria un coro insultante, espressivo di discriminazione per origine territoriale.
In pratica, niente di nuovo sotto le luci di San Siro. Si è trattato delle solite filastrocche stonate su colera, sapone e terremoti. L’ulteriore novità che dovrebbe, almeno nelle intenzioni, porre un freno al proliferare di queste idiozie è rappresentato dalle sanzioni previste in caso di recidività che vanno dalla chiusura dello stadio fino alla partita persa a tavolino e a punti di penalizzazione in classifica. Gli art.11 e 18, come modificati, lasciano anche pochi margini di interpretazione al Giudice sportivo in sede di reclamo. Per questo motivo, l’opposizione depositata dalla società rossonera è stata respinta. Non volendo certo sindacare in questa sede la facoltà di impugnare la decisione avversa, è apparsa piuttosto singolare la scelta di soprassedere rispetto alla squalifica comminata a Balotelli per gli insulti rivolti all’arbitro a fine partita e procedere in seconda istanza rispetto alla chiusura della curva. Quest’atteggiamento dimostra quanto meno una certa superficialità nell’affrontare il problema. Probabilmente, dovrebbero essere proprio le società sportive a reprimere questi fenomeni. Come accade nel resto del continente dove le manifestazioni di razzismo, oltre alle conseguenze in sede penale o amministrativa per i responsabili, comportano l’allontanamento dallo stadio e il divieto di frequentare gli impianti sportivi a tempo indeterminato disposto dalle stesse società proprietarie degli impianti. Per ora, a noi non resta che rallegrarci del fatto che, pur se tardivamente, sicuramente per un comando esterno, si è definitivamente deciso di interrompere anche alle nostre latitudini il canto sguaiato di certe curve.
Avv. Gianluca Spera
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