Dino Zoff guarda la classifica di serie A e sorride. Con la Juventus in testa e il Napoli alla sue spalle rivede un bel po’ della sua vita:
«Molta vita e molto bella. Nella Juve ho giocato undici anni, ho acquisito una personalità internazionale e poi l’ho allenata. Anche se non posso dimenticarmi il Napoli: con quella maglia ho debuttato in Nazionale e al San Paolo, nessuno ha mai provato una gioia del genere».
Di sicuro non Morgan De Sanctis, destinato a fare il vice di Buffon?
«Quanto è bravo e come è maturato in questi ultimi anni. E un po’ come me, più diventa vecchio e più diventaforte. Acquista personalità e tecnica».
È un portiere da record, alla sua partita numero 79 da titolare?
«Per questo dico che mi somiglia, anche se io sono andato in campo per 332 partite di seguito, senza mai prendere un raffreddore: sinceramente è questo l’unico record a cui tengo. De Sanctis possiede una caratteristica rara: il coraggio della presa. Non solo il coraggio, perché poi occorre saper bloccare il pallone e lui lo fa benissimo».
Prandelli non convoca Cannavaro e Campagnaro perché, dice il ct, non sono adatti a una difesa a quattro. Lei li avrebbe lasciati a casa?
«Non certo per questo motivo. Un bravo giocatore è a prescindere uno da chiamare in Nazionale e mi sembra che i due difensori del Napoli stiano facendo molto bene con Mazzarri. Poi se nella squadra di club giocano con un altro modulo non significa nulla: ci vuole poco per farli adattare. Ci sarà dell’altro».
Il Napoli le piace?
«Ha tanta classe e questo gli permette di tirarsi fuori da ogni situazione. Cavani, Lavezzi, Hamsik e Inler rendono il suo gioco spettacolare. Ma non venite a dirmi che è la squadra più offensiva della storia azzurra perché mi offendo».
Lo era di più quello di Maradona?
«A parte. Io mi ricordo il mio primo Napoli, con Pesaola in panchina: dal numero 7 all’11 c’erano Canè, Juliano, Altafini, Sivori e Orlando. Mi fa sorridere chi pensa che nel calcio ci sia ancora qualcosa da inventare».
Ce l’ha con Mazzarri?
«Per nulla. Ho grande stima per lui e non mi pare che si dia delle arie. Anzi lavora benissimo e i risultati lo premiano. Sta dimostrando che non bisogna giocare alla Guardiola per dare spettacolo».
Meglio lui o Conte?
«Anche Conte sta facendo un bel lavoro: far tornare grandi bianconeri non è semplice e io non posso che esserne felice»
È il trionfo del calcio all’italiano?
«Se è nel senso di ingegno, di imprevedibilità e di un gioco senza troppi calcoli dico di sì. Juve e Napoli sono due squadre che hanno identità precise. In fondo le caratteristiche che aveva la Nazionale dell’82 di Bearzot».
È una corsa tra di loro per lo scudetto?
«No. Siamo all’inizio e il distacco dalle due milanesi è ancora colmabile. E poi penso a una sorpresa».
Quale?
«La Lazio. Se riesce a vincere il derby, a “sprangare” questo tabù che la perseguita da due anni la squadra di Reja diventa la mia favorita».
Un ricordo secco: una sfida al Napoli da juventino?
«In panchina. La gara di ritorno di Coppa Uefa al San Paolo nell’89… se ci penso sto ancora male».
Per il 3-0 al 120′ o per il fuorigioco di Laudrup?
«Per tutti e due. Una serata che mi porto ancora dentro».
Erano gli anni d’oro del Napoli.
«Sicuramente e anche del grande Milan di Sacchi. Ma io nel ’90 con la Juventus ho vinto la Coppa Italia, la Coppa Uefa e ho chiuso al terzo posto pur non avendo una grande squadra».
L’hanno infastidita le critiche all’arbitro di Inter-Napoli?
«Ma sì, parole esagerate. E poi per me Rocchi ha commesso un solo grande errore, sul primo giallo a Obi. Un intervento da applausi che lui ha punito con una punizione».
Il Napoli passa il turno in Champions?
«Se la gioca. Ha un girone di ferro ma dimostra di non aver paura di nessuno: ed è lo spirito giusto».
Può bastare?
«Certo, se si somma a un potenziale enorme e un bel gioco. E un pubblico dall’affetto sterminato che ogni volta che torno mi accoglie come un vecchio amico».
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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