Interviene nella Redazione de “Il Corriere dello Sport” l’ex portiere di Napoli e Juventus Dino Zoff sull’attuale campionato di serie A
Allora Zoff, ci ha fatto caso che, stando alla classifica attuale, questo è proprio il suo campionato? C’è tutta la sua storia…
(sorride) «Beh, mi ci fate pensare voi e in effetti è così. Juve, Udinese, Lazio, Napoli. Sono state molta parte del mio mondo, verissimo».
Ha visto Napoli-Juventus martedì sera?
«Sì. Gran bella partita, con un risultato interessante: soprattutto per la Juventus a dire il vero. Le difese hanno sbagliato un po’, ma quando ci sono i gol c’è lo spettacolo per la gente. E va bene così».
Il Napoli ha perso un’occasione?
«Visto l’andamento della gara verrebbe da dire di sì. Però di fronte aveva sempre la Juventus, che quest’anno sembra tornata ai livelli che merita. Sa, per il Napoli non è semplicissimo…».
Cosa intende? La storia del doppio binario, Champions League e campionato?
«Indubbiamente hanno trovato un girone tostissimo e si sono districati molto molto bene tra squadre sulla carta più attrezzate. Io credo che trovare il punto di equilibrio in certe situazioni non sia facile. Bisogna farci l’abitudine».
Quindi la Champions può diventare paradossalmente un problema per Mazzarri?
«Attenzione, non voglio dire in maniera secca e semplice che per il cammino in Europa il Napoli sia costretto a mollare il resto. Anche perché finora, producendo il massimo sforzo è un pelo in ritardo rispetto alla Juve, ma tutto sommato è lì. E’ chiaro però che certe partite di cartello in Europa, al San Paolo, a livello di adrenalina, sforzo fisico e mentale ti levano tanto. La scommessa sarà quella di gestire le energie. Stanno imparando a farlo, devono imparare in fretta».
Concorda con il fatto che la forza di questa squadra sia in quel potenziale offensivo lì davanti?
«Non si può pensare il contrario: Lavezzi, Hamsik e Cavani sono di livello assoluto».
A proposito di attaccanti di razza. Klose può essere considerato uno dei migliori colpi del mercato estivo: preso in quel modo, a zero?
«Stando a vedere quello che ha fatto finora assolutamente sì. Bisogna capire se riuscirà a confermarsi su questi livelli. Ma la Lazio indubbiamente si è rinforzata. E non solo con lui».
Vuol dire che lei l’aveva messa idealmente lì dov’è?
«Non sono meravigliato dal posto in cui si trova la Lazio, assolutamente. Da qualche anno la sistemo sempre in area Champions. Quindi semmai mi meraviglierei del contrario».
Il suo conterraneo Reja sta facendo un buon lavoro, anche se agli occhi della piazza sembra sempre che debba faticare un po’.
«Lui sapeva che i quattro derby persi avrebbero pesato. La vittoria nell’ultimo ha cambiato le cose e ha migliorato il suo rapporto con la gente».
Cosa manca alla Lazio per lottare per lo scudetto?
«Tecnicamente poco o nulla. Vorrei vederla caratterialmente più solida e convinta. Come per esempio non l’ho vista contro il Napoli».
Da ex portiere a portiere. Le piace Marchetti?
«E’ partito piano, è cresciuto tantissimo».
Può tornare stabilmente nel giro azzurro?
«Per me assolutamente sì».
Parlavamo di solidità, di carattere. Quindi di Juve?
«E già, è il marchio di fabbrica dei bianconeri. C’è lo stadio nuovo, c’è Conte che è bravo, c’è l’entusiasmo per il nuovo ciclo, ma c’è soprattutto una squadra che non si arrende mai. E poi gioca bene, a me piace tanto. Le ultime due partite danno alla Juve una consapevolezza nuova e importante».
Da vera anti-Milan?
«Sapete che non mi piacciono le assolutizzazioni. Bisogna arrivare almeno alla fine del girone d’andata per capire se sarà il Milan la squadra da cui doversi guardare e la Juve nel ruolo di rivale. Diciamo che tutte queste possono giocarsi lo scudetto. Con quali rapporti di forza lo vedremo».
E l’Udinese?
«Da friulano sono orgoglioso del fatto che i Pozzo riescano a tenerla lassù e comunque a fare da anni un gran bel lavoro».
Le piace il lavoro iniziato da Prandelli?
«Sta raccogliendo frutti, bene così».
Può giocarsela all’Europeo?
«L’Italia per me è sempre da primi quattro posti. Poi per ragioni diverse può vincere, piazzarsi o far male come in Sudafrica».
Lei di Europeo se ne intende, l’Italia per tradizione un po’ meno.
«Io l’ho vinto da giocatore e sono arrivato in finale da ct. Poi non mi hanno più voluto…».
Il Mito saluta e se ne va: in punta di piedi, ma da vincitore. Come in tutta la sua vita.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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