“Punizione” in tutti i sensi: calcio di punizione, e castigo meritato. Il Napoli visto ieri all’Olimpico ha sbagliato molto con la palla fra i piedi, in un match che nel primo tempo è stato dominato dalla tensione per entrambe le squadre. Pur subendo l’iniziativa e il gioco della Roma, dopo 45′ era la squadra di Benitez ad aver collezionato le due palle-gol più nette: ma l’errore di Pandev e il palo di Insigne sono sbagli imperdonabili. Ci ha pensato Pjanic, allo scadere della prima frazione, a castigare con un calcio piazzato l’imprecisione degli ospiti. La ripresa, per 20′, è stata un arrembaggio azzurro a caccia del pareggio, ma ancora la scarsa qualità dei tocchi e delle conclusioni hanno penalizzato il tentativo di rimonta, poi vanificato definitivamente dal rigore e dall’espulsione di Cannavaro.
ERRORI, ERRORI, ERRORI – Certo, la posta in palio era alta, e l’emozione si notava da entrambe le parti: nel primo quarto d’ora, sia Roma che Napoli peccavano costantemente nella misura. Ma a lunghi tratti i padroni di casa gestivano il match, imponevano il proprio gioco e schiacciavano nella sua metà campo un Napoli basso, contratto e senza pressing, simile a quello visto a Londra con l’Arsenal. E lentamente, la Roma cominciava a sbagliare meno mentre gli ospiti continuavano a fallire appoggi anche elementari. Behrami era spaesato e perdeva più palloni di quanti ne riconquistasse, anche perché il centrocampo di Garcia, dove anche Totti torna spesso a dare una mano, è sempre foltissimo, e ricco di qualità. Albiol falliva tanto l’impostazione quanto la marcatura (graziato da Florenzi), tutta la difesa soffriva un Gervinho capace di scattare a sinistra come a destra, ma incapace di finalizzare. E il bello è che in questo contesto era stato proprio il Napoli a creare le occasioni più ghiotte: gravissima quella sprecata da Pandev a tu per tu con un ottimo De Sanctis, sfortunata quella sbagliata da Insigne per pochi centimetri (palo esterno). Così, allo scadere, il piazzato di Pjanic puniva non tanto il doppio errore degli attaccanti azzurri, quanto l’intero impianto di gioco della squadra di Benitez, quest’anno mai così approssimativo e carente di qualità come nel primo tempo a Roma.
LA CARICA DI MARADONA – Ricordandosi forse che allo stadio c’era il mito assoluto del calcio e della storia azzurra (Maradona si è perso, guarda caso, il vantaggio di Pjanic, lasciando il suo posto pochi istanti prima dell’intervallo), i Partenopei sono tornati in campo con un altro piglio. Sì, perché a mancare era stata, nel primo tempo, anche una certa intensità agonistica, che invece la Roma sembrava aver caricato al massimo. Avevamo anche notato, prima del match, come la pausa del campionato, più che un riposo, avesse rappresentato un certo handicap per via dei giocatori impegnati con le Nazionali, penalizzando soprattutto il Napoli (clicca qui per leggere). Ma le motivazioni e la testa contano quasi più delle gambe, così il Napoli rientrato dagli spogliatoi sembrava un’altra squadra. Behrami tornava sui suoi livelli, Inler confermava un periodo di grande crescita, Insigne regalava qualche numero sotto gli occhi del suo massimo modello. Non bastava però: mancava ancora lucidità negli ultimi metri, i passaggi erano ancora poco verticali, lenti e poco precisi, Callejon era in giornata storta e mancava soprattutto Hamsik (preoccupante il suo calo negli ultimi tempi) e forse anche l’apporto di Higuain.
NO PIPITA, NO PARTY? – L’assenza della punta argentina fa riflettere: il Napoli sembra dipendere da lui come dipendeva da Cavani. Tanto che l’acquisto di Jackson Martinez, che a suo tempo poteva sembrare un eccesso, ora sembra una necessità non colmata. Ma la questione è anche tattica: senza un riferimento offensivo di spessore (fisico e tecnico) quale Higuain, si perde in profondità e in baricentro. Ieri, Pandev e Hamsik erano i due più avanzati (si notava in fase di non possesso: un 4-4-2 con Callejon e Insigne esterni bassi), ma quando la squadra provava a salire entrambi si perdevano lungo la trequarti, senza riuscire a creare spazi e dettare passaggi, sovrastati dall’energia di Castan e Benatia. Nella ripresa, il tentativo di rimonta ha alzato tutta la squadra, che ha letteralmente schiacciato la Roma per quasi 20′. Mesto e Maggio hanno dato tutto, come Inler e Behrami, ma l’azione si fermava sempre prima dell’area di rigore giallorossa e non restavano che innocui tiri da fuori. L’ingresso di Higuain è stato poi tardivo, perché poco dopo Cannavaro, colpevole o meno su Borriello, ha combinato la frittata. Sul 2-0 la Roma ha passeggiato: per un po’, ha anche fatto vedere agli ospiti come avrebbero dovuto giocare. Ovvero, tocchi veloci di prima, movimento senza palla, profondità. Ma è chiaro, in 11 contro 10 è ben più facile.
BENITEZ, QUALCOSA DA RIVEDERE – A conti fatti si è vista una brutta partita, giocata più sui nervi che sulla qualità. Benitez, sulla carta, non ha sbagliato molto: l’idea di abbassare il baricentro serviva a compensare la superiorità del centrocampo rivale, tanto che la Roma è stata quasi mai pericolosa prima del tiro da fermo di Pjanic. Probabilmente, il tecnico spagnolo puntava sulla ripresa a prescindere dallo svantaggio, cercando di sorprendere i padroni di casa dopo un primo tempo a ritmi bassi. Gli episodi sono stati sfavorevoli e tutto è andato a monte. Resta però da riflettere sull’evidente perdita di qualità nelle trame di gioco, sfavorite da un carente movimento senza palla; in fase difensiva, pressing alto e aggressività si sono visti solo nella prima fase della ripresa. Un po’ poco, ma andavano gestite le forze, nella morsa fra gli impegni con le Nazionali e la prossima gara di Champions. Magari andavano utilizzati giocatori più riposati, come Mertens. Un peccato, perché anche la partita all’Olimpico era molto importante, ora la Roma è già scappata a cinque punti.
A cura di Lorenzo Licciardi
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