L’IDENTITA’. Dicevamo, la difesa sul banco degli imputati. Premesso che ultimamente tutta la squadra appare disorientata, fumosa, senza mordente. Come stanno a testimoniare anche quei tiri finiti nello specchio (e qui si scrive di attacco), ma centrali e fiacchi, tanto che Diego Lopez non ha dovuto mai spostarsi più di tanto per neutralizzarli. Poiché gli planavano fra le braccia. Se poi passiamo al centrocampo, ci si accorge che non riesce il più delle volte ad avere voce in capitolo: o in minoranza o puntualmente scavalcato, riferendoci sempre al Milan. Ma anche riguardo ai match pareggiati con (nell’ordine) Cagliari, Sampdoria ed Empoli. E ancor prima stentava.
KOULIBALY. Peccato che adesso, tornando alla difesa, sia entrato prepotentemente nell’occhio del ciclone quel Koulibaly magnificato ed incensato per aver mostrato il meglio di sé soprattutto contro la Roma, ma domenica notte semplicemente disastroso. L’esatto opposto del Kalidou reattivo e prorompente che aveva fatto sgranare gli occhi a tutti, e del tutto quell’identità che sinora aveva mostrato a tratti, difesa che dall’arrivo di Benitez non riesce mai a trovare l’imprescindibile stabilità, e che finisce col trasmettere le sue insicurezze anche al giovane Rafael.
RETROGUARDIA. Eppure non si può insinuare che Benitez non ci abbia lavorato su questo vero e proprio tallone d’Achille. Nelle precedenti esperienze lo spagnolo aveva fatto quadrare più di una difesa (in caso contrario non avrebbe messo in bacheca tutti quei trofei) e si fa fatica a capire come mai il reparto arretrato continui ad essere così inaffidabile. Saranno gli uomini, saranno i movimenti che proprio non entrano nelle teste, saranno entrambe e opzioni. Perché poi, se errare è umano, perseverare così diventa…
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