Bistrattata. Spesso messa sotto accusa. Persino “schiaffeggiata” da critiche impietose. Povera difesa azzurra, colpevolizzata pure quando non aveva colpe. Di sicuro non ne ha, anzi, tutt’altro, in quest’ultimo tratto di stagione, in questo febbraio in cui s’è dovuta far carico di tutto: della difesa e, in un certo senso, anche dell’attacco. De Sanctis in porta e poi Campagnaro, Cannavaro, Britos e Gamberini. Sono loro che ultimamente si sono caricati d’ogni cosa, ad onta di chi in base a un principio generale del pallone racconta che alla fine si vince e si perde tutti assieme. Sì, è vero, ma non sempre. Ci sono le eccezioni. E l’eccezione sono le ultime quattro partite degli azzurri. Quelle di campionato, si capisce. Facile il conto: dal Catania all’Udinese, passando per la Lazio e la Sampdoria, il Napoli ha preso un solo gol: da Floccari, all’Olimpico. Per il resto ha chiuso le porte e non c’è stato niente da fare per nessuno.Ma non è tutto. Perché questo febbraio esaltante per quei quattro o cinque giovanotti, è stato invece il mese nero per Cavani e per i suoi soci là davanti. In altre squadre – basta pensare a quel che succede spesso nella Juve – quando gli attaccanti hanno problemi tocca soprattutto ai centrocampisti risolvere il problema. Nel Napoli no: nel Napoli i centrocampisti non hanno un gran feeling con la porta.
OCCHI DI TIGRE – E allora? E allora: niente paura, ci pensiamo noi hanno detto quelli della terza fila. Quindi: Cannavaro in gol contro il Catania e Campagnaro con la Lazio, giusto alla fine per acciuffare il pari. Difesa tuttofare, insomma. Difesa della quale ci si può fidare, come raccontano anche le cifre di questa stagione. Quella azzurra, infatti, con 21 gol presi è la seconda migliore della compagnia. Seconda soltanto a quella della Juve che è ferma a 17. Un bel salto di qualità per i difensori di Mazzarri che fissano una media di 0,80 gol a gara, migliorando, sino adesso, ma comunque di parecchio, quella della stagione scorsa che era di 1,21 e che alla fine la fece scivolare in nona posizione.
IL FILTRO – Certo, è vero, quest’anno Cannavaro e gli altri godono della preziosa copertura di Behrami – non era la stessa cosa con Gargano, gran bell’acchiappapalloni pure lui, per carità, ma assai meno ancorato alla disciplina tattica e alla posizione -, ma seppure con molte sofferenze sui calci piazzati, sul gioco di testa, stavolta si contano sicuramente meno errori personali. Meno svagatezze. De Sanctis, ad esempio. Non sarà un esempio di stile e magari fa trattenere il fiato a tutti quando s’avventura in certe uscite temerarie, però non si può negare che poi nei momenti decisivi tira fuori dal proprio repertorio la parata salvatutti. Cosicché, tra la critica e il consenso alla fine è quest’ultimo che vince. E sarà stato proprio questo il conto che s’è fatto il club quando ha deciso d’affidarsi ancora a lui per il futuro. Almeno per quello più immediato.
PROFESSIONISTA – E Campagnaro? In scadenza di contratto, rispettabili questioni di danaro – ovvero di generoso ingaggio – già da tempo l’hanno portato a legarsi all’Inter, ma guai a dubitare della sua sincerità d’impegno e rendimento. Dopo un periodo di testa chissà dove, infatti, ha ripreso a giocare al meglio: solido, concreto e con la Lazio abile pure a fare gol. E che gol! Poi c’è il capitano. Sì che ne ha passate il povero Paoluccio in questa stagione. Sembra chissà quanto e invece solo un paio di mesi fa s’era visto condannato per una “indegnità” che non gli appartiene. E quando è tornato ha portato sul prato tutta la sua rabbia, la sua voglia di rifarsi. Infatti, sbaglia poco o nulla. Come Britos, il quale finalmente s’è lasciato alle spalle gli acciacchi e le perplessità di tutti. Britos, sinistro naturale, si fa spesso preferire su quel lato. Lui, oppure Gamberini: da questo binomio non si scappa. Gente di fisico e mestiere che ha contribuito alla confortante trasformazione della difesa azzurra.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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