«A 12 anni io lavoravo in un negozio di ferramenta e quando ne avevo 14 i nostri genitori Alberto e Dora divorziarono: fu un momento molto duro per me e i miei fratelli Ezequiel e Valeria, tutti noi siamo orgogliosi dell’educazione ricevuta da mamma e papà», ha raccontato in una newsletter inviata agli amici italiani che hanno aderito al progetto Ansur (Asociacion niños del sur, associazione dei bambini del sud), per sostenere i ragazzi di Villa Gobernador Galvez, la città dei Lavezzi. È un’opera di solidarietà sostenuta fortemente dal Pocho, che in queste attività è impegnato anche a Napoli, anche se cerca di evitare, almeno qui, le luci dei riflettori. «Prima che mio fratello iniziasse a giocare a livello professionistico, con alcuni amici dell’Atletico Coronel Aguirre, la prima squadra di Ezequiel, istituimmo una biblioteca pubblica con undicimila libri ricevuti in dono. Fu molto bello. A causa della mancanza di cibo, e quindi della cattiva alimentazione, alcuni ragazzi che giocavano nella squadra iniziarono ad avere dei problemi. Fu da lì che decidemmo di dare una svolta e iniziare a lavorare con l’ong della nostra città, chiamata «Vincoli», che si dedicava alla prevenzione di droghe, violenza familiare e sessuale. Allo stesso tempo, accanto al coordinatore e alle scuole, che assistevano i nostri bambini, ricevemmo statistiche per ogni ragazzo: potevamo controllarne le prestazioni, la frequenza e il rendimento scolastico, avvisando i genitori se i loro figli avevano problemi», ha raccontato Diego. Il ruolo di suo fratello, il celebre calciatore che regala ai bambini maglie azzurre e palloni per farli giocare e sognare, è stato fondamentale. «Dal giorno del debutto di Ezequiel in prima divisione, nove anni fa, iniziammo a parlare del momento in cui avremmo potuto mettere in atto qualcosa che potesse favorire la formazione umana e culturale dei ragazzi del quartiere. Grazie alla posizione di Ezequiel, l’anno scorso il nostro sogno si è avverato. Sono molto orgoglioso di mio fratello e della sua generosità». L’altra faccia del Pocho, campione di solidarietà. «Noi crediamo che lavorare con i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie, sia il fondamento per l’educazione futura. Siamo in grado di dimostrare a questi ragazzi che ci sono altri modi di vivere la realtà quotidiana e culturale, attraverso una vita fondata su valori, rispetto per se stessi e per gli altri, potenziando la dignità e fornendo strumenti per la futura integrazione sociale. La nostra grande sfida è quella di lavorare più a fondo con le famiglie, avvicinando sempre più ragazzi al progetto», ha spiegato Diego, anche a nome del celebre fratello, che quando si trova in Argentina fa sempre una visita ai giovani ospiti di Ansur. L’ultima volta ha cucinato per loro carne alla brace dopo aver distribuito giocattoli e divise da gioco. «Io so quanto può fare un pallone per chi non ha niente», ha detto spesso il Pocho.
LA REDAZIONE
Fonte: Il Mattino
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