NAPOLI – Ha festeggiato tanti compleanni insieme con Maradona, almeno sette. A ritmo di braciate e musica napoletana. Il salotto di Ciro Ferrara in via Manzoni era sempre aperto per accogliere Diego e la sua famiglia. Finanche il San Paolo si è aperto per lui quando Ferrara ha dato l’addio al calcio. Sabato Maradona compirà 50 anni, il difensore ancora un po’ acerbo degli anni d’oro del Napoli oggi è ct della nazionale Under 21. Si sveste con molto piacere degli abiti istituzionali, indossa virtualmente calzoncini e scarpette e corre indietro nel tempo.
Cinquant’anni del pibe. Un evento non soltanto per gli appassionati di calcio. «Beh, Diego si fa vecchietto. Tocca a tutti prima o poi. Scherzi a parte, è una data importantissima per lui ma anche per chi come me ha avuto l’onore di giocarci insieme. Di vivere Diego nella quotidianeità, di essergli amico a prescindere dal fatto che fosse un campione».
Cinquant’anni portati anche bene, nonostante tutto. «Sì, gli darei solo un consiglio. Giusto per punzecchiarlo un po’ e vendicarmi di quando, io ragazzino, mi prendeva in giro e metteva in discussione le mie qualità tecniche: Diego, a cinquant’anni è giunta l’ora che riveda il tuo look».
Si riferisce alla versione prima comunione sulla panchina dell’Argentina? «Esattamente. Potrei dargli qualche suggerimento».
Magari sabato, quando lo chiamerà per gli auguri. «Proverò a chiamarlo, sperando di beccarlo. Ci terrei particolarmente, in un modo o nell’altro devo riuscire a rintracciarlo».
Che rapporto aveva con Diego? «Avevamo un legame molto forte che andava oltre la circostanza che giocavamo insieme nel grande Napoli. Eravamo amici, nonostante non avessimo sicuramente lo stesso peso nello spogliatoio. Uscivamo insieme con le famiglie, lui era sempre di ottimo umore».
Le sue vicende napoletane, però, sono state anche tormentate. «Sicuramente, ma i nostri rapporti e quelli che aveva con tutta la città non c’entrano nulla. Maradona è stato il simbolo degli anni più belli di questa città, quelli più rappresentativi nella storia del Napoli. C’è solo da ringraziarlo per quello che ha fatto e che ha dato. Il resto, per gli altri, deve essere un contorno. Lui, invece, credo che abbia pagato già abbastanza i suoi errori».
La virtù più grande dell’uomo Maradona? «Sicuramente quella di trattare i compagni con grande rispetto. Lui era il grande Maradona, ma sia in campo che fuori trattava avversari e compagni di squadra, dal primo all’ultimo, con garbo».
Beh, a qualche rissa avrà preso parte anche lui? «Sicuramente anche se me ne ricordo una sola quando era al Barcellona. Col Napoli prendeva botte più di tutti, falli e quant’altro. Non mi ricordo di reazioni scomposte».
La virtù del Maradona calciatore? «La stessa: non sentirsi mai un campione al di sopra di tutto e tutti. E poi, che stesse bene o male fisicamente ha dato sempre il suo contributo importante alla squadra».
Un augurio speciale. «Quello di ritornare prestissimo protagonista. Ci ha abituati a questo e quindi non possiamo saperlo lontano dai campi di calcio. Io, come lui, sono stato fermo per un po’. Aspetta con ottimismo, Diego. Arriverà una chiamata anche per te».
Ciro-profeta? «Magari, esserlo per lui sarebbe motivo di orgoglio».
Lavezzi e la magìa contro il Milan. Ha ricordato anche a lei Maradona? «Il pocho ha fatto un gol spettacolare. Bellissimo. Ma andiamoci piano. Con tutto il rispetto che ho per Lavezzi, è presto per certi accostamenti. Posso sicuramente augurare a Lavezzi di essere protagonista del Napoli che vince e seguire la strada che fu di Maradona».
Ma il Napoli? Resta nel suo cuore? «Certamente, è la squadra della mia città. E del mio cuore».
Èvero che quando l’ha chiamata Sacchi per convocarla a Roma, lei si trovava a Napoli? «Sì, ero in viaggio verso Napoli». Destino? «Può darsi».
LA REDAZIONE
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