Amarcord. Aurelio De Laurentiis ricorda l’acquisto del Napoli, dieci anni or sono: Dieci anni di Napoli, di storia vera. Un film senza fine, che si arricchisce di nuovi particolari col passar del tempo. Si chiude un decennio, oggi, il primo di Aurelio De Laurentiis da presidente del Napoli, caratterizzato da una crescita costante, senza pause. Nulla è mai stato banale, nemmeno i due anni di C, spesi a rimettere insieme i cocci di un club umiliato dal fallimento, che non avrebbe avuto più futuro se non ci fosse stato il coraggio di un uomo, dedito al cinema, lasciatosi inebriare da questa nuova esperienza. L’evoluzione del progetto è nei risultati ottenuti con la Napoli Soccer, la prima denominazione sociale nei due anni di serie C, e con la Società sportiva Calcio Napoli, diventata tale dopo la promozione in B. «Nel primo quinquennio ridarò ai napoletani la serie A; nel secondo, l’Europa» disse De Laurentiis nel giorno della presentazione in quel settembre del 2004. Promesse mantenute A distanza di un decennio, quelle parole si sono rivelate più che mai profetiche.
Oggi, il Napoli è una realtà internazionale, una società florida, tra le poche a presentare il bilancio in attivo. Appartengono al passato i primi allenamenti a Paestum, le trattative condotte da Pier Paolo Marino, l’allora direttore generale. Così come l’ingaggio di Gianpiero Ventura, il primo allenatore, che pagò di tasca propria l’acquisto dei palloni e delle mute sportive occorrente per quei pochi giocatori a disposizione. Di quel gruppetto faceva parte Roberto Sosa, il Pampa, tra i protagonisti della doppia promozione dalla C alla A. Napoli internazionale. Un’evoluzione costante, dicevamo, ogni stagione ha avuto il suo momento di esaltazione, dalla promozione in B, al ritorno in A e a quello in Europa: un susseguirsi di emozioni che hanno imposto la società nel grande giro del calcio internazionale, uno dei punti forti del progetto al quale De Laurentiis lavora instancabilmente dal giorno in cui rilevò il titolo sportivo dal Tribunale di Napoli, che un mese prima aveva dichiarato fallita la società di Naldi e Corbelli, che era stata di Corrado Ferlaino, il presidente dei due scudetti e dell’era Maradona. «Ero a Capri e preparai tanti assegni circolari per coprire i 32 milioni e 700mila euro richiesti, feci tutto in prima persona dopo aver visto l’immagine orrenda di quel signore con la pancia grossa (Gaucci, ndr ) che voleva comprarsi il Napoli con 5 milioni. Mi informai e decisi di andare a Napoli, da un notaio. Quando mia moglie scoprì tutto mi diede del pazzo, perché non conoscevo nulla del calcio. Ma io gli risposi che la mia famiglia mi aveva insegnato la passione dei napoletani» ricorda oggi. Dieci anni di crescita, cui hanno contribuito giocatori semisconosciuti, grandi talenti e allenatori di prestigio. Le difficoltà iniziali costarono la panchina a Ventura, in C, il suo esonero coincise con l’inizio del quinquennio di Edy Reja: con lui, il Napoli tornò in A, nel 2007, e ritrovò l’Europa, con l’Intertoto, nove mesi dopo. Stagioni caratterizzate dagli acquisti di Lavezzi e Hamsik, i primi talenti applauditi dal San Paolo, e poi dall’ingaggio di Edinson Cavani che avviò il ciclo di Walter Mazzarri. Con lui, arrivò anche il primo trofeo: la Coppa Italia vinta in finale con la Juve, all’Olimpico nel 2012, bissata lo scorso 3 maggio, nel giorno degli spari contro Ciro Esposito, con Rafa Benitez in panchina. Con lui, Napoli ha conosciuto il talento di Gonzalo Higuain, il top player che De Laurentiis ha ingaggiato per ridare al popolo napoletano quello scudetto che manca, ormai, da 24 anni.
Fonte: Gazzetta dello Sport
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