Quando, nell’estate del 2009, Lillo Foti fece accomodare nel suo ufficio Paolo Giovannini, nemmeno aveva idea di quel che stava accadendo. L’allora presidente della Reggina e il direttore sportivo della Lucchese pensavano di aver fatto un buon affare, nulla di più: “Due calciatori li mando da voi in toscana per la Serie C, ma voi datemi il miglior elemento che avete”, disse il patron calabrese. Giovannini non ebbe dubbi: “Di Lorenzo”. Aveva 16 anni Giovanni Di Lorenzo, eppure di lui in Toscana già si sentiva parlare. L’eco delle sue prestazioni era arrivato anche più a nord, a Udine: i bianconeri avrebbero chiuso l’affare di lì a breve se sulla strada dell’attuale terzino del Napoli non fosse arrivato l’amaranto di Reggio Calabria.
La parabola di Di Lorenzo era partita qualche anno prima, da Lucca. Il giovanissimo Giovanni giocava da mediano nelle giovanili della Lucchese e quando Giovannini arriva nel capoluogo toscano se ne innamora. “Si intravedevano già le sue qualità, lo aggregammo alla prima squadra per questo motivo. Poi, nel finale di campionato lo facemmo anche esordire in Serie D, visto che eravamo già promossi. Fu la sua prima volta tra i grandi a 15 anni”. Una carriera che sembrava pronta a decollare. “Quella estate l’Udinese volle visionarlo, fece anche un provino con i friulani, poi per uno scherzo del destino arrivò la Reggina. Chiamai i genitori di Giovanni, andammo insieme a Milano per la firma”, ci ha raccontato l’attuale ds del Pontedera, a tutti gli effetti lo scopritore di quello che oggi è un terzino della nazionale italiana convocato dal ct Roberto Mancini. “L’ho sempre detto che sarebbe arrivato in Serie A, ma non mi aspettavo con questa velocità”.
fonte: gianlucadimarzio.com
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