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Di Canio: “Profonda amarezza per una disattenzione. Sky non vuole chiarire con me”

L'ex calciatore rompe il silenzio a più di una settimana dallo spiacevole evento

Dopo 10 giorni dall’incidente che ha portato alla sospensione della sua collaborazione con Sky Sport, per le polemiche seguite alla ripresa in televisione di un tatuaggio con la scritta “Dux” sul suo braccio, Paolo Di Canio, dice la sua, in una nota riportata dall’agenzia di stampa ANSA: “non posso rimanere in silenzio“, scrive, spiegando di aver atteso fino ad oggi che “l’azienda si rendesse disponibile a chiarire assieme a me i contorni, semplicissimi, dello spiacevole inconveniente, così che potessi riprendere il mio lavoro come ritengo che fosse sacrosanto; ma niente”.

“A fronte di un invito formale” inoltrato dal suo avvocato, Gabriele Bordoni, gli è stato comunicato “che, almeno per ora, è impensabile che possa rientrare nel palinsesto”.

“Quello che più mi indigna è l’ipocrisia di chi ancora finge di scoprire soltanto ora il mio modo di essere e certe mie idee, viceversa arcinote da sempre”, sostiene Di Canio, secondo cui si è trattato “di una banale svista da parte di chi ha pubblicato per conto di Sky una mia foto (scattata da un collaboratore dell’emittente, in un momento di pausa, alcune ore prima dell’avvio della diretta), senza notare che la stessa mi mostrava con il bicipite scoperto e con quel tatuaggio visibile”.

“Una semplice disattenzione – sottolinea – certamente a me non imputabile, ma che non poteva in alcun caso comportare per me, incolpevole, l’allontanamento dal mio lavoro”.

Da qui la richiesta che “intervenisse in fretta un chiarimento pubblico e congiunto al riguardo. Era il modo più giusto e trasparente per spiegare quanto occorso e superare questa incresciosa situazione, rimettendomi al più presto nelle condizioni di lavorare – conclude Di Canio – senza subire ulteriormente un oscuramento che appare all’evidenza ingiusto e mortificante della mia persona”.

Di Canio, però, non è nuovo a polemiche sul suo credo politico. Nel 2013, da tecnico del Sunderland, si trovò davanti alla domanda di un giornalista che gli chiedeva espressamente se fosse fascista: “Non devo rispondere su nulla perché qui non siamo in Parlamento, ma ci occupiamo di calcio”, era stata la replica.

L’episodio più famoso è quello del 6 gennaio 2005, in occasione di un derby romano vinto dalla Lazio per 3-1: il suo saluto romano alla curva biancoceleste sollevò un’ondata di polemiche. Di Canio non fu squalificato e venne multato dalla Disciplinare, ma la reiterazione del gesto nei match con Siena, Livorno e Juventus suscitò l’interessamento della Fifa, che minacciò pesanti sanzioni se quel comportamento fosse proseguito.

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