Marcel Desailly, leggenda del Milan di Capello arrivato in Italia difensore (e continuò a farlo nella Francia campione del Mondo e d’Europa) nel novembre del ’93 e trasformato in centrocampista-muro davanti a Baresi da Fabio Capello, sorride davanti la sede del Banco di Napoli, a via Roma, circondato da una cinquantina di tifosi che lo hanno riconosciuto. «Questa è sempre una città che ha vissuto di calcio e per il calcio. Ricordo quando Di Canio fece gol al San Paolo contro di noi: l’urlo della gente fu impressionante». Desailly è a Napoli per promuovere le attività della Fondazione Laureus di cui è testimonial.
Una volta i campioni come lei venivano dalla Francia per giocare in Italia. Ora fanno il percorso inverso.
«Mi dispiace molto sapere che la serie A, quello che ai miei tempi era il campionato più bello, viva un momento opaco. Il Psg ha conquistato tutti con i soldi degli arabi ma nonostante Ibrahimovic e Lavezzi non è una squadra vera».
L’esonero di Di Matteo l’ha sorpreso?
«Si ritrova senza squadra nonostante abbia portato il Chelsea in cima all’Europa e abbia fatto parte della storia dei Blues giocando con me, Vialli, Zola…È una vicenda assurda. Ma Abramovich è un tipo impaziente, voleva vincere tutto e subito. Mi impressionava per la sua calma e la sua semplicità: non credo di averlo mai visto con un telefonino in mano».
Un po’ come Berlusconi?
«Non mi meraviglia che il Milan abbia svoltato dopo la sua visita a Milanello: ai miei tempi era un appuntamento fisso il sabato. Arrivava in elicottero, in abbigliamento sportivo e si metteva a parlare per ore. Spesso toccava a Capello interromperlo per dirgli che magari avevamo bisogno di andare a dormire».
Ancora un passo indietro: il suo esordio in Italia.
«A San Siro proprio contro il Napoli, guarda un po’… vinciamo con una punizione di Albertini al 90’. Venivo dal Marsiglia, con cui avevo vinto la Coppa dei campioni pochi mesi prima. Ma a Napoli, cominciò anche la rincorsa della Francia ai mondiali del ’98: la prima volta del ct Jacquet. Vincemmo 1-0 e volarono i sediolini del San Paolo».
Quale squadra italiana le piace?
«La Juve mi ha davvero impressionato contro il Chelsea. In certi momenti mi è sembrata mostruosa. Ma anche Napoli e Inter possono lottare per il titolo».
Chi vincerà lo scudetto?
«I bianconeri hanno le carte in regola. Di sicuro il Milan non può farcela: squadra giovane, piena di talenti come El Shaarawy il nuovo idolo di San Siro. Ma non c’è ancora una mentalità vincente. Ci vuole tempo per conquistarla».
E il Napoli?
«In Ghana dove vivo io gran parte dell’anno, dire Napoli significa dire Cavani. Un po’ come negli anni ’80 significava dire Maradona».
È il giocatore più corteggiato d’Europa, in questo momento.
«Non mi stupisce, è alto e veloce, segna tanto. Un trionfo di eleganza e di potenza. Il Napoli deve fare di tutto per non lasciarselo soffiare. Lui come Hamsik. Intorno a loro può costruire la squadra da scudetto».
E come si fa a non farlo partire?
«Non solo con i soldi. Bisogna comprare altri campioni».
E la sua attività?
«Vivo ad Accra, in Ghana. Con il calcio ho chiuso, se ripenso a quei ritmi mi sento male. Il pallone non mi manca neppure un po’. Con Laureus cerchiamo di tirare fuori i bambini che vivono in realtà complicate: cerchiamo di educarli e sviluppare le loro abilità con lo sport».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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